In Cile torna a governare la destra: il milionario conservatore Sebastian Piñera, che già aveva guidato il Paese tra il 2010 e 2014, si è imposto con il 54 per cento dei voti al ballottaggio contro il candidato di centrosinistra, Alejandro Guiller, senatore ed ex giornalista televisivo. Dopo il primo turno, in cui era andato ben al di sotto del 44 per cento pronosticatogli dai sondaggi (conquistando solo il 36 per cento), il terzo uomo più ricco del Paese è riuscito a recuperare terreno, alleandosi però con l’esponente di estrema destra nonché pinochettista, Josè Antonio Kast, che aveva preso l’8 per cento al primo turno.

In campagna elettorale, Piñera aveva promesso la ripresa della crescita economica, dopo il calo registrato in quest’ultimo mandato di Michelle Bachelet, più posti di lavoro e meno tasse alle imprese. Ma dopo il risultato deludente del primo turno, in cui era emerso a sorpresa il Frente Amplio, partito di sinistra che si ispira al Podemos spagnolo (che ha conquistato il 20 per cento), ha dovuto cambiare atteggiamento, aprendosi a istanze più di ‘sinistra’. Ecco perché ha ripreso nelle sue promesse la proposta della Bachelet, inclusa nel programma di Guiller, sull’educazione gratuita, e affrontato il tema dei debiti dei giovani per pagarsi l’università, il sistema pensionistico e il trasporto gratuito per gli anziani.

Nel suo prossimo governo il neo presidente dovrà affrontare comunque parecchie sfide, a partire dal fatto che la sua coalizione non ha la maggioranza nel Parlamento e quindi dovrà negoziare ogni progetto di legge. Tante le questioni spinose sul tavolo da affrontare, come l’istruzione universitaria, la riforma del sistema di salute e pensionistico, il matrimonio ugualitario, la migrazione e la controversia per l’accesso al mare chiesto dalla Bolivia. Indubbiamente il milionario cileno sembra però baciato dalla fortuna, giacchè dopo aver beneficiato nel suo primo governo dell’aumento del prezzo del rame (motore della economia del Paese, grazie a cui l’economia era cresciuta del 5 per cento l’anno nel suo primo mandato), pare che potrà giovarsene di nuovo.

Dopo questi ultimi anni in cui è infatti calato, portando a un rallentamento dell’economia, che ha penalizzato il governo della Bachelet, le proiezioni lo danno di nuovo in rialzo, così come del Pil, che dall’1,4 per cento del 2017 dovrebbe salire al 2,8 nel 2018. Bachelet, che termina questo suo mandato con un livello di approvazione molto basso, complice uno scandalo di favori che ha visto coinvolti il figlio e la nuora, ha comunque avviato e fatto approvare alcune riforme importanti nel campo dei diritti sociali (più apprezzate all’estero che in patria, anche perché comunicate male), come quella che ha legalizzato l’aborto in tre casi, la legge sulle unioni civili, e la riforma educativa che permetterà di studiare gratuitamente all’università a 260mila giovani, pari al 60 per cento degli studenti universitari.

Piñera, come si diceva, in questi ultimi giorni si è ‘ammorbidito’ su alcuni temi, aprendosi alla riforma del sistema pensionistico e nel continuare sulla strada della gratuità dell’educazione, promettendola al 90 per cento degli studenti nell’area dell’educazione tecnico-professionale, cioè l’istruzione che avvia a professioni tecniche dopo la scuola superiore. Ha inoltre aperto all’adozione da coppie omosessuali se non si trovano prima coppie etero disponibili. Nel suo primo discorso dopo la vittoria, il futuro presidente cileno ha puntato sull’unità, dicendo che “uniti potremo trasformare il Cile in un paese sviluppato, senza povertà e discriminazioni arbitrarie”, che si “impegnerà ad avere rapporti migliori con la classe media e le fasce più deboli, ed essere il presidente di tutti i cileni”. Il tempo dirà se davvero sarà riuscito a cancellare alcune delle tante disuguaglianze di questo paese, dove il 5 per cento degli abitanti più ricchi detiene il 51 per cento della ricchezza.

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