Sono passati ormai cinque anni da quel 14 settembre 2013, quando – nel capannone occupato della ex Telecom di Treviso, che poteva essere sgomberato dalla polizia da un momento all’altro – si tenne la prima edizione del Premio Alberto Dubito di Poesia con musica.

All’inizio, più che un progetto chiaro, per tutti noi che avevamo deciso di mettere su un’iniziativa che ai più poteva sembrare folle (pochissimi conoscevano allora chi fosse Alberto Feltrin, in arte Dubito, poeta e rapper, graffitista e fotografo, che aveva deciso di uscire di quinta quando non aveva ancora 21 anni; altrettanto pochi erano quelli interessati a questo strano modo di fare poesia, temperandola con la musica, una roba che non era rap, ma nemmeno poesia muta, di quella che vuol stare solo chiusa tra le pagine dei libri) dare vita al Premio fu una sorta di gesto apotropaico, un rito per sconfiggere una morte (quella di Alberto) per noi tutti inaccettabile.

Eravamo i suoi orfani: non solo la sua famiglia, i suoi coetanei, a partire da Davide Tantulli, il Dr. Sospè che aveva da sempre dato musica alle sue parole nei Disturbati Dalla CUiete, ma anche quelli, come me e Marco Philopat, che di anni ne avevano decine e decine più di lui, e che lo avevano visto crescere, artisticamente e umanamente, diventare sempre più bravo, formalmente ricco, profondo. Sempre di più, molto di più di quello che ci si sarebbe aspettato da un ragazzo così giovane.

Alberto bruciava ogni tappa, divorava ogni indicazione: non si faceva in tempo a suggerirgli una tecnica, o un tema, che lui se ne impossessava, lo faceva suo, lo trasformava e lo ripresentava al mittente completamente stravolto, inaudito. E il supposto maestro, restava lì, a bocca aperta, ricominciava a studiare per imparare quello che l’allievo aveva scoperto.

Che privilegio aver avuto la possibilità di ‘insegnargli’ qualcosa. Che ricchezza ce n’è tornata indietro.

Fondare, col sostegno concreto della sua famiglia, un Premio intitolato a lui era, innanzitutto, tentare di dare un senso a un lancinante dolore, al nostro, di colmare una mancanza. E poi un modo di non lasciar morire quello che Abe aveva amato: la sua poesia, la sua musica, la sua lotta per un mondo diverso, più umano, più sensato.

Ovviamente quel dolore non ci ha mai abbandonato, quel vuoto non si è mai riempito. Come avrebbe potuto?

Ma in questi cinque anni – in cui una manifestazione così piccola e marginale ha avuto la forza di diventare sempre più grande, autorevole, nota – noi abbiamo avuto modo di continuare a imparare da Alberto, attraverso la voce, le parole, i suoni delle centinaia e centinaia di giovani che in questi anni hanno partecipato, attraverso l’entusiasmo delle migliaia e migliaia di spettatori che hanno affollato la serata finale del Premio (dal 2014 stabilmente al COX 18 di Milano, grazie alla fraterna collaborazione di Agenzia X, la casa editrice presso cui Alberto lavorava e che da allora pubblica tutti i materiali del Premio), quando a decretare il vincitore tra quattro finalisti è una giuria di 20 persone scelte a caso tra il pubblico, come in quel Poetry Slam che Alberto aveva amato e che gli aveva dato la possibilità di mettersi in luce anche come poeta.

Non solo: dal 2016, in collaborazione con l’Università di Venezia Ca’ Foscari, esiste un’edizione biennale del Premio dedicata ai Maestri, un riconoscimento internazionale alla carriera che è andato a uno dei protagonisti della contro-cultura internazionale, Ishmael Reed, autore del celebre e mitico Mumbo Jumbo, e che tornerà ad aprile del 2018.

Dal 2013, quello che potremmo chiamare l’almanacco del Premio, pubblica annualmente saggi e studi internazionali dedicati alla poesia, al rap, alla musica di ricerca, alle culture alternative. Alla sua serata finale hanno partecipato in questi anni ospiti prestigiosi, da Gianna Nannini a Murray Lachlan Young, da Elio Germano, Franco Buffoni, Gabriele Frasca, Roberto Paci Dalò, ai catalani Accidents Polipoetics.

Della sua Giuria artistica hanno fatto e fanno parte decine di poeti, scrittori, musicisti, intellettuali di valore internazionale, che liberalmente ascoltano per noi ogni anno centinaia e centinaia di brani poetico-musicali. La poesia con musica, anche grazie al nostro Premio, è diventata una realtà conosciuta in tutta Italia.

Anche quest’anno il 15 dicembre noi saremo al Cox 18, in occasione di Slam X, con i quattro finalisti (Matteo Di Genova & Marco Crivelli, Alessandro Burbank + Sick & Simpliciter, Davide Passoni e Carlotta Cecchinato) e l’ospite internazionale, che quest’anno sarà la poetessa galiziana Yolanda Castaño, una star indiscussa dei circuiti internazionali di poesia.

Sarà anche l’occasione per festeggiare l’anteprima di Santa Bronx – una selezione di brani di Alberto e dei Disturbati Dalla Cuiete, illustrata dai Poetry Comix di Claudio Calia, che inaugura “Canzoniere”, una nuova collezione di libri/CD di Squi[libri] editore, dedicata alla spoken music, la prima in Europa.

E anche se a noi non pare mai abbastanza, non è poco. Anzi, a voltarsi indietro, non par vero aver fatto tanto cammino, più di mille miglia, come avrebbe detto Alberto.

Vi aspettiamo a Milano, dove, come sempre, saremo a ricordare Alberto, ma soprattutto a mettere in pratica i suoi sogni: come lui sempre disturbati dalla quiete, come sempre a caccia di futuro.

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