Le trattative per la Brexit proseguono con un primo via libera che è arrivato dopo un lungo e faticoso vertice notturno tra il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker e la premier britannica Theresa May. Dal fronte dell’Unione europea sono stati infatti valutati “progressi sufficienti”: innanzitutto sui diritti dei cittadini, stabilendo che a chi proviene dall’Ue sarà applicato il diritto britannico con possibilità di appellarsi alla Corte Ue in ultima istanza; poi sul conto del divorzio, che secondo fonti del governo inglese si aggirerebbe intorno ai 40-45 miliardi di euro (35-39 miliardi di sterline); infine sulla questione irlandese, ovvero strappando la garanzia che non sarà messa una frontiera fisica con l’Irlanda del Nord. “E’ stato un negoziato difficile”, ha commentato Juncker nel corso della conferenza stampa che si è tenuta in mattinata a Bruxelles, “ma ora abbiamo una prima svolta. Sono soddisfatto dell’accordo equo che abbiamo raggiunto con la Gran Bretagna”. Stesso tono anche per la May: “Abbiamo lavorato duro, non è stato facile per entrambe le parti”. Dopo l’annuncio la sterlina è volata ai massimi da sei mesi sull’euro.

La Commissione Ue ha quindi ufficialmente raccomandato al Consiglio europeo a 27 di dichiarare che è stato fatto “un progresso sufficiente” nella prima fase dei negoziati dell’articolo 50 sulle Brexit. Ora spetta al vertice a 27 del 15 dicembre decidere se così è, per dare il via libera alla seconda fase dei negoziati sulle relazioni future dell’Ue con la Gran Bretagna. In particolare, l’accordo su cui si è raggiunta l’intesa “garantisce i diritti di oltre 3 milioni di cittadini Ue che vivono in Gran Bretagna”, a cui “si applicherà il diritto britannico in corti britanniche”. Per quanto riguarda il ‘conto’ del divorzio, “un’intesa equa per i contribuenti britannici che consentirà di investire di più nelle priorità nazionali”. Al tempo stesso però, si legge nel testo della comunicazione: “L’intesa comune riconosce il ruolo della Corte di giustizia” europea “come l’arbitro ultimo dell’interpretazione della legislazione dell’Unione”. Quindi saranno i tribunali britannici ad occuparsi delle cause sollevate dai cittadini Ue sulla tutela dei loro diritti. I giudici britannici potranno rivolgersi alla Corte Ue per questioni interpretative “entro 8 anni” dall’entrata in vigore delle norme sui cittadini.

Il negoziatore della Commissione ha assicurato che i cittadini dell’Unione europea che vivono nel Regno Unito saranno tutelati nella loro scelta di vita: anche dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione, i cittadini dell’Ue che vivono in tale paese e i cittadini britannici che vivono nell’Ue a 27 manterranno gli stessi diritti. La Commissione si è altresì accertata che le procedure amministrative siano poco onerose finanziariamente e semplici per i cittadini dell’UE nel Regno Unito. Riguardo alla liquidazione finanziaria, il Regno Unito ha convenuto che gli impegni assunti dall’Ue a 28 saranno onorati dall’Ue a 28, Regno Unito compreso.

E’ stato, almeno per il momento, risolto anche il nodo della frontiera tra Irlanda e Irlanda del Nord. Il Regno Unito ha riconosciuto la peculiarità della situazione irlandese e ha assunto impegni rilevanti per evitare che sia eretta una frontiera fisica. Il premier dell’Irlanda, Leo Varadkar, ha esultato su Twitter: “Abbiamo conseguito tutto quello che miravamo a conseguire”, pur avvertendo che “non si tratta della fine” del processo negoziale, bensì “della fine dell’inizio”. Soddisfazione, dalla trincea opposta, pure per gli unionisti nordirlandesi del Dup, alleati del governo conservatore britannico di Theresa May, che lunedì avevano fatto saltare una prima bozza d’intesa. Rispetto a quel testo sono stati fatti “progressi sostanziali”, ha commentato ora la leader del Dup, Arlene Fostere. Innanzi tutto -si nota- “non c’è più il cosiddetto ‘status speciale’ per l’Irlanda del Nord” invocato dai repubblicani. Inoltre è garantito che “l’Irlanda del Nord non sarà separata costituzionalmente, politicamente, economicamente o normativamente dal resto del Regno Unito”; che ne seguirà la sorte dopo la Brexit; e che non vi saranno barriere commerciali fra l’Ulster e “l’intero mercato interno” britannico.

L’annuncio ha provocato numerose reazioni a livello politico. All’attacco Nigel Farage, il tribuno euroscettico britannico e tra i promotori del referendum che ha stabilito la Brexit: “Questa non è la Brexit, non abbiamo votato per lasciare l’Ue mentre la premier concede giurisdizione a una corte straniera per molti anni a venire”, ha commentato. E ha annunciato battaglia “alle prossime elezioni politiche”. Per Farage, l’intesa serve solo a salvare la poltrona di Theresa May, che porterà il Paese verso “una nuova tappa dell’umiliazione”. E di fatto, secondo lui, rinvia “la Brexit almeno fino al 2021”, dopo la possibile transizione.

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