“Vogliamo pillole, anello vaginale, spirali e preservativi gratuiti”. Sono in maggioranza ginecologhe e ginecologi (17 per l’esattezza), ma anche tre ostetriche, due epidemiologi, un pediatra, un farmacista e due giornaliste esperte del tema. Vengono da tutta Italia, e vogliono riuscire a spingere il Ministero della Salute e l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) a rivedere la decisione, presa un anno e mezzo fa, di passare i pochi anticoncenzionali orali, rimasti a lungo nella classe A dei rimborsabili a carico delle tasche delle cittadine. In Italia, infatti, a differenza che in altri Paesi europei come la Francia, il Belgio e la Germania, la contraccezione è interamente a pagamento, salvo rare iniziative locali. Ed è proprio per cambiare questo copione che il “Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole” dal 6 dicembre ha attivato una petizione su Change.org. “Stanno ignorando noi professionisti, ma non potranno ignorare i cittadini se decideranno di farsi sentire”, commenta tra i promotori dell’iniziativa Pietro Puzzi, ginecologo ospedaliero per 33 anni attualmente al lavoro nei consultori del Bresciano. “Non è possibile che l’aborto sia gratis mentre la pillola anticoncezionale a pagamento – gli fa eco un’altra firmataria, Marina Toschi, dal 1981 ginecologa presso diversi consultori dell’Asl in Umbria – credo che questo dovrebbe essere inaccettabile, perfino per un cattolico”.

Non dobbiamo dimenticarci che i sieropositivi in questi anni non sono diminuiti

Cosa chiede il Comitato? Che i dispositivi intra-uterini al rame e medicati (ovvero le spirali), le pillole di seconda generazione, l’anello vaginale e il cerotto diventino gratuiti. Lo stesso trattamento vorrebbero fosse applicato alla pillola anticoncezionale che è possibile prendere durante l’allattamento (pillole al solo progestinico) e ai preservativi maschili e femminili, almeno per i minori e per partner di persone HIV positive. Infatti, “non dobbiamo dimenticarci che i sieropositivi in questi anni non sono diminuiti, così come l’infezione batterica della Clamidia resta una delle principali cause di infertilità”, commenta Marina Toschi. L’appello, quindi, non riguarderebbe tutti i metodi anticoncezionali. Escluse, per esempio, le pillole di terza generazione, “che hanno un seppur lievissimo rischio statistico in più di gravi incidenti trombo-embolici”, precisa il ginecologo che lavora nel Bresciano. “Capiamo che c’è un evidente problema economico che ha portato il governo a lasciare nelle mani del libero mercato i prezzi degli anticoncenzionali, che infatti stanno continuando a salire – continua la ginecologa umbra – ma se non si torna ad avere anticoncezionali rimborsabili si toglierà a molte donne il diritto di scegliere”.

Dati alla mano, “siamo le pillole più care d’Europa”, continua Toschi, che è anche membro della European Society of Contraception. “Tutti i contraccettivi orali e le spirali sono più economici in qualunque altro paese europeo che in Italia”. Un effetto in parte dovuto allo scarso uso della contraccezione tanto che, stando ai dati dell’esperta della ESCRH solo il 16% delle italiane usa la pillola contro il 42% delle francesi. E l’aumento dei costi dell’ultimo anno certo non migliorerà queste percentuali. Stando ai numeri delle industrie farmaceutiche, infatti, nell’ultimo anno la vendita dei contraccettivi orali è calata. Infatti, come avevano già segnalato a ilfattoquotidiano.it il Sindacato dei medici di famiglia, rendere a pagamenti tutti gli anticoncenzionali sta avendo un impatto negativo soprattutto sulle donne in difficoltà economiche. “Ci sono pazienti che dicono di non potersela permettere – continua Marina Toschi – Sai qual è l’unica pillola di cui è aumentato l’uso? La contraccezione di emergenza grazie alla quale, come si legge sulla relazione del Ministero dello scorso anno, nel 2015 c’è stato un calo del 10% di aborti”.

Tutti i contraccettivi orali e le spirali sono più economici in qualunque altro paese europeo che in Italia

Guardando a livello internazionale, come fanno notare i firmatari della petizione è la stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a inserire contraccettivi ormonali, dispositivi intra-uterini e metodi di barriera (preservativo e diaframma) tra negli “essential medicines”, ovvero nella lista delle medicine che devono essere garantite in ogni paese. Ed è sempre l’Oms a evidenziare come la spirale sia il metodo contraccettivo più efficace e facile da utilizzare, oltre che più green. “Nonostante le disposizioni dell’Oms, vogliamo segnalare come in Italia una donna non ha una vera possibilità di scegliere – continua il ginecologo consultoriale Puzzi – infatti, quasi sempre è consigliata la pillola mentre non tutti i ginecologi sanno applicare le spirali perché non gli viene insegnato nelle scuole o perché sono spaventati da incidenti rari e facilmente gestibili in qualsiasi ambulatorio attrezzato”. Lo studio Choice Project, per esempio, citato dai firmatari, nel 2012 ha arruolato 10mila donne negli Stati Uniti per confermare come le spirali al rame e medicate possano essere inserite “anche alle giovani senza rischi per la fertilità futura, istruendole sulla prevenzione delle ben più rischiose malattie sessualmente trasmesse”, continua Puzzi.

Inoltre, “una donna con poche risorse economiche come può permettersi 240 euro per una spirale?”. A questa cifra, infatti, possono arrivare i dispositivi utilizzati non solo come contraccettivi, ma anche per aiutare i casi abbastanza frequenti di donne in età meno giovani con mestruazioni troppo abbondanti capaci di causare anemia. Donne che, non potendosi permettere una spirale medica da 240 euro, sono costrette a ricorrere a interventi come l’isterectomia, ovvero all’asportazione dell’utero. “Spesso alle donne viene levato l’utero anche quando si potrebbe risolvere il problema con una semplice spirale”, continua la ginecologa Toschi. Spirali che, ad oggi, restano un presidio interamente a carico del paziente.

L’unica pillola di cui è aumentato l’uso? La contraccezione di emergenza grazie alla quale nel 2015 c’è stato un calo del 10% di aborti

“Oggi ci sono dispositivi molto più efficaci e semplici da usare rispetto alla pillola, ma sono anche molto costosi. Rimuovere questi ostacoli dovrebbe essere un obiettivo di salute pubblica, anche a fronte dei costi economici e psicologici delle interruzioni di gravidanza”, continua Eleonora Cirant, promotrice dell’appello e curatrice del sito www.consultoriprivatilaici.net. Ecco che quindi nella petizione rivolta al Ministero della Salute e all’AIFA chiedere gratuità per alcuni anticoncezionali significa non solo garantire la libertà di scelta, ma anche il diritto delle donne di scegliere la cura medica meglio indicata per loro. I firmatari della petizione citano la legge istitutiva dei consultori familiari del 1975, che mise d’accordo tutte le forze politiche parlando di procreazione responsabile e dei mezzi per ottenerla, ma anche l’articolo 32 della nostra Costituzione, quello che sancisce come un diritto la salute, anche sessuale e riproduttiva. “Perché la salute – chiude Cirant – non può dipendere dalla condizione economica o dalla posizione sociale”.

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