Mezzo milione di euro. Sono i soldi che il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi, chiede ai parlamentari eletti con i dem ma ora finiti in Mdp. È lo statuto a prevedere che chi ricopre una carica deve versare al partito il 10% della propria indennità. Bonifazi, quindi, ha chiesto 83mila euro a Piero Grasso, presidente del Senato e leader della nuova formazione Liberi e Uguali.

“La richiesta si riferisce alle somme dovute fino a quando i colleghi hanno mantenuto la loro adesione al Pd, non oltre”, scrive il tesoriere del partito di Matteo Renzi su facebook.  “Insisto con un accorato appello: questi sono soldi per i lavoratori. Sono certo che compagni come i nostri colleghi, che sono adesso con il partito di Grasso e D’Alema, non mancheranno di rispettare i loro impegni come ha fatto ad esempio – e non ne dubitavo – Pierluigi Bersani. Perché anche i lavoratori sono liberi e uguali”.

Bonifazi spiega che “il Pd ha dovuto affrontare un duro percorso di ristrutturazione dei costi sfociato, da ultimo, anche nella cassa integrazione per tutti i nostri dipendenti. A loro ho promesso che tutti i soldi che avrei recuperato da chi era in ritardo coi pagamenti sarebbero andati ad un fondo dedicato Due giorni fa ho deciso di prendere la penna e scrivere ai miei colleghi parlamentari che erano rimasti indietro con i versamenti dovuti al partito. Questo obbligo – oltre che previsto nello Statuto – è stato sottoscritto da ciascuno di noi al momento dell’accettazione della candidatura. Io aggiungo che si tratta di un obbligo morale per chi come noi ha la fortuna di rappresentare la Repubblica Italiana dagli scranni del proprio partito, peraltro percependo uno stipendio oggettivamente privilegiato”.

E mentre al Nazareno aspettano che gli scissionisti regolarizzino la loro posizione, a Bologna fa discutere il ritiro del versamento da parte di chi nel Pd è rimasto, come il sindaco Virginio Merola, che dovrebbe al partito circa 500 euro al mese. Il primo cittadino ha spiegato che è stato costretto a “rivedere le spese personali”: colpa di una sanzione della Corte dei conti che, per un’irregolarità sulla nomina del suo primo capo di gabinetto lo ha condannato a restituire di tasca sua circa 18mila euro.  Nel Pd bolognese non l’hanno presa benissimo e hanno costretto Merola a impegnarsi pubblicamente a pagare tutti gli arretrati entro la fine del suo mandato.

La notizia, riportata dal Resto del Carlino, aveva anche dato il via a una serie di ipotesi di posizionamenti, dovuta anche al mai nascosto feeling del sindaco di Bologna con Giuliano Pisapia: “Sono e resterò iscritto al Pd e concluderò il mio mandato di sindaco alla scadenza naturale del 2021. Non verrò meno agli impegni con il Pd”, ha assicurato però Merola. Al Nazareno aspettano anche il suo bonifico.

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Sinistra Italiana, 109 autosospesi contro Liberi e uguali: “Serve alternativa vera, sembra Italia Bene Comune di Bersani”

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