Contro le vittime dei nazisti, a fianco della Germania. E’ la posizione dello Stato italiano nel processo per la strage di Limmari del 1943, per la quale il tribunale di Sulmona, il 2 novembre, ha condannato la Germania, come erede del Terzo Reich, a risarcire il Comune di Roccaraso e i discendenti delle 128 vittime per danno “non patrimoniale”. Una sentenza storica, perché apre la strada ai risarcimenti anche per le altre numerose stragi naziste in Italia, da Sant’Anna di Stazzema a Montesole. Ma che rischia di rimanere lettera morta, perché la Germania si rifiuta di riconoscere il processo. E dove trova sostegno? Nel ministero degli Esteri italiano secondo il quale questi risarcimenti sono inammissibili: violano la sentenza dell’Aja del 2012, che, relativa a un caso simile – Italia contro Germania in tema di risarcimenti per crimini di guerra -, aveva stabilito che gli Stati sono immuni dalla giurisdizione di altri Paesi. Eppure, l’Italia dovrebbe sostenere gli eredi delle vittime: la Corte Costituzionale, con una sentenza del 2014 condivisa anche dalla Cassazione, dice che l’immunità degli Stati non vale, se i diritti umani fondamentali sono stati violati. E nel 1943, a Limmari, lo furono. Così finisce come con le condanne definitive nei confronti degli ex soldati delle Ss e della Wehrmacht individuati e processati dalle procure militari italiane per molte delle stragi avvenute tra il 1943 e il 1945, durante la ritirata tedesca che lasciò una scia di sangue dall’Abruzzo al Piemonte. “E’ una questione di volontà politica” disse mesi fa al fatto.it Marco De Paolis, procuratore militare che portò a processo tra gli altri i responsabili degli eccidi di Sant’Anna di Stazzema e di Marzabotto. “Tutta una questione di volontà politica” ripetono ora vari esperti di diritto internazionale parlando del risarcimento ai familiari delle vittime di Limmari.

Nel paesino abruzzese sopravvisse solo una bambina
In quel paesino sull’Appennino abruzzese, tra il 16 e il 21 novembre 1943, i paracadutisti tedeschi, sotto il controllo del Federmaresciallo Albert Kesselring, uccisero 128 civili: donne, anziani, alcuni invalidi e bruciati vivi, e bambini, tra cui Giancarlo Iarussi, che aveva meno di 100 giorni. Erano paesani e sfollati che si erano rifugiati lì, pensando di essere al sicuro tra i boschi di Limmari, che, per una tragica ironia della sorte, nel dialetto locale significa Valle della Vita. A seppellire i corpi, abbandonati per mesi, ci pensò la neve. Si salvò solo Virginia Macerelli, di 7 anni: il corpo della madre le fece da scudo, proteggendola dai colpi delle mitragliatrici. Nel 2013 è stata ricevuta al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Il giudice: “Germania colpevole, successore del Terzo Reich”
Chissà cosa avrà pensato Virginia quando, nella causa intentata contro la Germania da lei e dagli altri eredi delle vittime – rappresentati dagli avvocati Lucio Olivieri, Monica Oddis e Claudia Di Padova – la Farnesina si è costituita in difesa di Berlino. Il ministero non voleva “incorrere in una violazione del diritto internazionale”, perché l’Italia, ricorda ancora il vertice della diplomazia italiana, ha rinunciato a ogni pretesa nei confronti della Germania nel 1947, con il Trattato di Pace di Parigi. E poi c’è la sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aja. Ma, forte della sentenza della Corte Costituzionale e di quella della Cassazione, il giudice Giovanna Bilò, del tribunale di Sulmona, il 2 novembre ha condannato in contumacia la Germania, “quale successore del Terzo Reich”, come “responsabile dell’uccisione” con “modalità efferate” dei 128 civili. In più, ha obbligato Berlino a corrispondere al Comune di Roccaraso 800mila euro di “danno non patrimoniale”.

Il governo impedisce i risarcimenti. Nonostante la Consulta
Peccato che né il Comune né gli eredi vedranno mai questi soldi. “Il governo deve dare applicazione alle sentenze – dice a ilfattoquotidiano.it Dino Rinoldi, docente di Diritto internazionale alla Cattolica di Milano – Invece, in questo caso, non consente di sequestrare, confiscare e vendere all’asta un immobile che appartiene alla Germania. Gli eredi difficilmente riusciranno a trovare un risarcimento. Quello che mi colpisce di più è il comportamento del governo italiano, che non appoggia quello che è il risultato della Corte Costituzionale e della Cassazione. Il governo teme, un domani, trattamenti spiacevoli in Germania. Tutela se stesso: non vuole, un domani, altrove, essere portato in giudizio”.

Stragi fasciste all’estero: la coda di paglia degli italiani
Tra i motivi che frenano il governo italiano probabilmente c’è il timore che un domani Paesi come l’Etiopia, la Slovenia o la Grecia vengano a chiederci il conto per le stragi fasciste, a dispetto del falso mito degli “italiani brava gente”, di un esercito che al contrario di quello tedesco ha sempre rispettato e solidarizzato con le popolazioni invase. In quel caso i risarcimenti complessivamente ci costerebbero diverse centinaia di milioni di euro. “Su questo il nostro Paese è rimasto sempre in silenzio – dice Bernardo Cortese, professore di diritto dell’Unione europea all’università di Padova – Non è da escludere che ci sia anche questo, nella somma delle ragioni che portano il nostro ministero a non muoversi contro la Germania. Ci sono tante cose che spiegano le nostre reticenze. Ovviamente non siamo solo dalla parte delle vittime”. 

Gli esperti di diritto: “Berlino e Roma sbagliano: le vittime vanno risarcite”
Non solo poche le voci autorevoli del diritto internazionale contro la posizione del governo italiano con le vittime degli eccidi. “Gli Stati non possono giocare con dei diritti sacrosanti delle vittime delle stragi – sostiene Tullio Scovazzi, professore di Diritto internazionale all’università Milano Bicocca – Qui c’è un evidente diniego di giustizia. Le vittime di gravi crimini hanno diritto a ottenere un risarcimento, indipendentemente dalla posizione degli Stati. Se l’Italia vuole sostenere le ragioni della Germania, allora si deve sostituire alla Germania e pagare gli addebiti, poi chiedere eventualmente una rifusione da parte della Germania”. Secondo Scovazzi la sentenza dell’Aja sull’immunità degli Stati, dietro cui la Germania si para per schivare i processi, è scorretta. “La Corte internazionale di giustizia – spiega Scovazzi – ha dato ragione alla Germania con un ragionamento secondo me totalmente illogico. Non ha senso attribuire a un individuo un diritto senza dargli possibilità di accesso alla giustizia, se questo diritto non viene rispettato”.

Quella volta che Tsipras voleva sequestrare il Goethe Institut
Ma quindi la priorità va data al giudizio della Corte internazionale o a quello della Corte Costituzionale? Per Cortese non ci sono dubbi: “Nel nostro ordinamento – risponde a ilfattoquotidiano.it – prevale la Corte Costituzionale. Ma come si ottiene il risarcimento dalla Germania? Non si possono aggredire le sedi diplomatiche. Anche se una volta una villa del Goethe Institut fu messo di mezzo”. Era il 2015 e il governo greco di Alexis Tsipras tentò di confiscare il Goethe Institut di Atene e Salonicco e la scuola tedesca della capitale per risarcire le vittime di una strage nazista di Distomo. Gli eredi delle vittime greche si rivolsero pure al tribunale di Como per chiedere il sequestro della Villa Vigoni, a loro parere l’unico bene espropriabile di proprietà della Repubblica federale tedesca. Ma anche in quel caso senza successo.

“Le soluzioni ci sono. Ma manca la volontà politica”
“Queste finiscono per essere delle sentenze simbolicamente importanti ma che non avranno seguito concreto” commenta il professor Cortese. Una soluzione però c’è, secondo lui. “Ci vorrebbe un accordo costruttivo tra il governo tedesco e quello italiano. Dei giudici italiani ordinari, ad esempio, avevano proposto una soluzione conciliativa alla Germania, in termini di concedere borse di studio ai discendenti dei deportati, una soluzione curiosa ma interessante” rammenta il docente di Diritto europeo. Anche in quel caso, però, non si concretizzò niente. “Non ebbe seguito perché mancò l’esecuzione. Manca – conclude Cortese – una volontà esclusivamente politica”.

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