“La corsa più dura del mondo nel Paese più bello del mondo”. Il claim è lo stesso da qualche anno e sfido chiunque a non subirne il fascino. Il Giro d’Italia appena presentato oggi a Milano, per chi lo ama, può essere definito così senza se ma con una ma subito al via. Per la tredicesima volta si parte dall’estero, addirittura da Israele per un totale di tre tappe. Questo salto in Medio Oriente è stato lungamente annunciato e ovviamente criticato. Non bastava ai più severi la motivazione celebrativa legata ai 70 anni dalla nascita dello Stato d’Israele e ai cinque dell’inserimento della figura di Gino Bartali tra i “Giusti” del muro d’onore di Gerusalemme.

Proprio a Gerusalemme, il 4 maggio, ci sarà la crono individuale d’apertura, in barba alle centinaia di organizzazioni per i diritti umani che hanno firmato un appello internazionale per invitare il Giro d’Italia a spostare la partenza da Israele. La motivazione?  “Le gravi e crescenti violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani dei palestinesi”. Tra i firmatari c’erano il linguista Noam Chomsky, i giuristi John Dugard e Richard Falk (relatori speciali Onu per la Palestina), l’attore Moni Ovadia, gli europarlamentari Eleonora Forenza, Curzio Maltese e Sergio Cofferati e Luisa Morgantini, ex vice presidente del Parlamento europeo.

I milioni israeliani fanno comodo a Rcs e alla fine sarà l’ennesima occasione per esportare un marchio italiano di successo. Forse ci sarà anche una squadra israeliana (Israel cycling academy), forse anche Papa Francesco. Sono suggestioni che accompagnerebbero una tre giorni che dal punto di vista planimetrico non offre altri spunti. La corsa rosa raggiungerà il Paese più bello del mondo l’8 maggio e scalerà lo stivale dal basso. In Sicilia altre tre tappe con arrivi a Caltagirone, Santa Ninfa dove si ricorderà il tragico terremoto del Belice del 1968 e finalmente il primo traguardo in salita sull’Etna, versante inedito però, si arriva all’Osservatorio astronomico.

Da una celebrazione all’altra, si arriva a Montevergine di Mercogliano e poi a Campo imperatore, sul Gran Sasso. Sono le salite di Michele Scarponi, ancora vivo nel ricordo di tutti, e per onorarlo al meglio è previsto il passaggio da Filottrano all’undicesima tappa, sotto casa Scarponi. Sarà un altro momento da brividi. Il giorno prima anche Rigopiano richiamerà alla memoria un’altra recente tragedia. Siamo solo alla nona tappa e i tre arrivi in salita potrebbero aver già scremato la classifica. Alla 14esima tappa si ferma il respiro perché c’è il “mostro”, la salita più dura d’Europa, lo Zoncolan.

Uno scossone è scontato e, come se non bastasse, il giorno successivo ci sarà il classico tappone dolomitico, da Tolmezzo a Sappada, con quattro Gran Premi della Montagna. L’ultima settimana, ancora celebrazioni con la Trento-Rovereto, cronometro cruciale che ricorda anche i cento anni dall’annessione di Trento all’Italia. Le salite non mancano, ma a svettare sarà l’ascesa del Colle delle Finestre, Cima Coppi alla diciannovesima tappa. La monumentale conclusione a Roma celebrerà come un imperatore il vincitore del Giro d’Italia numero 101. Un favorito è spuntato all’improvviso in un piccolo video messaggio, annunciato dal direttore del Giro, Mauro Vegni. Chris Froome dice che sarà al via e la sua presenza alza il livello e l’attenzione.

Adesso tocca agli altri decidere se essere della partita o evitare il campione britannico che evidentemente si è ricordato che esiste il Giro d’Italia. I soldi, la storia o cos’altro avrà convinto il corridore della Sky a inseguire la maglia Rosa poco importa. Il percorso è duro, io vorrei che Vincenzo Nibali e Fabio Aru fossero presenti, perché il Paese più bello del mondo spetta anche e soprattutto ai “suoi” campioni.

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