Movember è un’iniziativa internazionale che si tiene ogni anno nel mese di novembre per sensibilizzare l’opinione pubblica, soprattutto maschile, alla necessità di prevenire le malattie specifiche del sesso, prima tra tutte il tumore della prostata. I partecipanti all’iniziativa per manifestare la loro adesione si fanno crescere i baffi (se sono donne nel corso delle eventuali manifestazioni indossano baffi finti). L’iniziativa è pacifica, non esclude nessuno e non ha finalità politiche, eccetto l’invito ai governi di sostenere iniziative mediche. Io partecipo solo in spirito, perché porto i baffi e la barba tutto l’anno.

Le patologie specifiche del sesso maschile non sono né più importanti né più frequenti di quelle specifiche del sesso femminile. E i tumori dell’utero e della mammella hanno una incidenza non inferiore a quelli della prostata e forse una maggiore rilevanza sociale perché spesso colpiscono persone in età più giovane. Ciononostante, la sensibilizzazione sulla prevenzione è importante e diffondere qualche dato sul tumore della prostata in occasione di Movember 2017 è certamente utile.

Il tumore della prostata è comune e si stima una incidenza di 161mila nuovi casi nel 2017 negli Usa, con 27mila decessi. Riportando questi dati ai 323 milioni di cittadini statunitensi, si ottiene una incidenza di 500 nuovi casi e 84 decessi all’anno per milione di abitanti. Il costo delle terapie per il tumore della prostata negli Usa è stimato in 270 milioni di dollari all’anno con una crescita prevedibile a 384 milioni del 2025, in larga misura dovuta all’invecchiamento della popolazione.

La principale forma di prevenzione possibile è data dalla riduzione dei fattori di rischio, primo tra tutti il fumo. Sebbene i fattori di rischio aumentino significativamente l’incidenza del tumore, il tumore si verifica anche in soggetti apparentemente non a rischio. Questo vuol dire che la prevenzione primaria non elimina il rischio e pone una forte enfasi sull’importanza della diagnosi precoce. Uno studio molto interessante, pubblicato quest’anno, stabilisce una forte correlazione tra precocità della diagnosi e ampiezza della copertura medica di base del territorio. Il valore medio del rapporto tra medici di base e pazienti nei paesi considerati in questo studio era di 3,17 medici di base ogni diecimila abitanti e quanto più elevato era questo rapporto, tanto più precoce era in media la diagnosi.

Il dato è interessante in quanto consente una stima dei costi della prevenzione secondaria. In Italia il rapporto tra medici di base e popolazione è fissato per legge ad almeno 7 ogni diecimila abitanti, essendo 1500 il massimo numero di assistiti per medico. Questo, insieme alla copertura capillare, fa sì che il Servizio sanitario nazionale italiano sia ritenuto tra i migliori del mondo nonostante non sia tra i meglio finanziati del mondo. La sfida dei prossimi decenni per tutti i paesi avanzati è quella di mantenere elevato il livello del servizio sanitario a fronte dei costi inevitabilmente crescenti.

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