“A 12 anni mi confrontavo con gli altri che si sposavano e pensavo: ‘E io?!’ Avevo paura di restare da sola, di sentirmi diversa”. Niente fake news, niente matrimoni a nove anni inventati.  I racconti delle baraccopoli romane sono veri, anche se seguono un copione già scritto: l’altissimo tasso di matrimoni precoci. Il 77%, più alto del record mondiale del 76% del primato detenuto dal Niger. E sono soprattutto le bambine a sposarsi prima dei 18 anni.

Nel mondo sono 15 milioni ogni anno: 37mila al giorno, uno ogni 2,5 secondi. A ricordarlo è il report dell’Associazione 21 luglio “Non ho l’età. I matrimoni precoci nelle baraccopoli della città di Roma”. Tra gli stati del Consiglio d’Europa, in testa c’è la Georgia con il 17%. La ricerca si concentra sui matrimoni tra il 2014 e il 2016 in 8 baraccopoli in cui vivono 3003 persone. 71 sono i matrimoni riscontrati, e quasi la metà delle persone lo ha fatto prima della maggiore età. Il 72% aveva tra i 16 e i 17 anni, il 28% tra i 12 e i 15. Per il 49% delle persone intervistate nella ricerca il matrimonio è stata una scelta. Per più della metà, una forzatura.

Una ragazza su due si sposa tra i 16 e i 17 anni (a fronte del 15% dei ragazzi). Una su cinque tra i 13 e i 15, a fronte del 7% dei coetanei. La differenza di età media tra uomini e donne è di tre anni, con picchi di 11 anni. Diverso quindi da quanto accade nei paesi asiatici o nell’Africa sub-sahariana, dove si parla di bimbe di meno di 10 anni e uomini ultratrentenni.

“Parlare di matrimoni precoci significa parlare di diritti umani”, dice Marco Guadagnino di Amnesty Italia. Ma gli stessi attivisti rom si spaccano, in contrasto con le femministe rom. “Per alcuni”, racconta Angela Tullio Cataldo, che per la 21 luglio ha curato la ricerca, “sono temi inammissibili. Come se, facendo luce sulle unioni che vedono coinvolti minori, si indebolisca la lotta per i diritti delle etnie”.

“Mia suocera non aveva rispetto di mia cognata perché sapeva che non era vergine”, racconta una donna di un campo. Cruciale è il valore sociale, culturale e individuale della verginità delle donne. Il matrimonio è l’unico contesto “legittimo” per le donne per vivere la sessualità fin dalla prima volta. La verginità è “una dote”, “qualcosa che ti fa sentire pulita”. Non, secondo il report, “solo qualcosa di imposto”. Le adolescenti desiderano oggi sposarsi “più tardi di quanto abbiano fatto i propri genitori” e che “le proprie figlie si sposino più tardi di quanto loro dovranno fare o hanno fatto”. Ma, sulla verginità, la pensano come i genitori. “I matrimoni combinati possono configurarsi come una soluzione”, si legge nella ricerca. Con genitori “che preferiscono che i propri figli, una volta entrati nella pubertà, non frequentino più le scuole, per timore che nel contesto scolastico vivano esperienze sessuali pre-matrimoniali”.

“Una volta sposata, mi sono sentita finalmente donna”, dice un’abitante di un campo. “È bello sposarsi così ti fai vedere che sei bella, che sei brava, che sei amata, voluta”, raccontano le ragazze intervistate. E guai a frequentare il proprio ragazzo per troppo tempo prima del matrimonio. “Se poi ti lasci, tutti parleranno male di te, anche se non avete fatto sesso. Diranno che sei maleducata, strana, non sei capace di stare con qualcuno, egoista”. La conseguenza spesso è il matrimonio forzato: “Se un giovane non riesce a trovare autonomamente una compagna, possono intervenire i genitori”, si legge. Le ragazze che hanno un titolo di istruzione elementare sono poi doppiamente esposte rispetto a chi ha studiato di più. La scuola non è un’opportunità. Il matrimonio sì. E l’aspettativa sui comportamenti lascia le cose immutate. “Se abitassimo in una casa, lascerei che le mie figlie indossassero i jeans”, racconta un padre. “Se lo facessero qui le chiamerebbero ‘puttane’, perciò non glielo permetto. Mia moglie indossa la gonna per rispetto ai miei genitori, ma se vivessimo da soli sarebbe libera di vestirsi come preferisce”.

“Al campo non c’è niente da fare. Rimani sempre allo stesso punto, finché non ti sposi e hai un po’ di responsabilità familiare”, raccontano gli intervistati. La disoccupazione, soprattutto per le donne, è altissima. Più basso è il reddito, più sono i figli. E più i figli sono vicini, per età, ai genitori, più è un valore. Bisogna diventare genitori prima dei 25 anni, per non “sembrare sua nonna quando lo porti al parco giochi”, non “essere troppo anziano quando arriveranno i nipoti”.

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