I tassisti confermano lo sciopero nazionale previsto per martedì 21 novembre. Non sono bastate le tre ore di confronto al Ministero dei Trasporti. Oltre lo sciopero dalle 8 alle 22, che riguarderà tutte le sigle, ci sarà una manifestazione a Roma, con un presidio a Porta Pia a partire dalle 10:30. “Non c’è nessun elemento che possa farci pensare di sospendere lo sciopero di domani – ha dichiarato Alessandro Atzeni di Uiltrasporti Lazio settore taxi – Rimangono gli irricevibili principi legati all’uso incontrollato delle autorizzazioni di noleggio con conducente, con l’aggravante delle deroghe legate al principio di operatività territoriale e le incognite sugli strumenti di controllo contro l’abusivismo“. Pochi gli sforzi nei confronti di Uber, l’applicazione di noleggio con conducente che tanto fa infuriare i tassisti: “Rispetto all’ultimo documento ricevuto dal ministero delle infrastrutture e trasporti, a parte qualche piccola irrilevante variazione sul discorso piattaforme tecnologiche”.

Uno sciopero che il governo vede però come una manovra puramente politica: “Lo sciopero non trova alcuna giustificazione. Ci hanno chiesto di mettere fuori gioco le piattaforme: questo non è nello spirito del governo” ha commentato Riccardo Nencini, vice ministro alle infrastrutture. Negli ultimi mesi si sono tenuti già cinque incontri con i rappresentanti dei tassisti, dei ncc (noleggio con conducente), tutti con esito negativo: “Vogliamo regolare il mercato affinché i servizi siano più efficienti e adeguati alla domanda”. Una strada che secondo Nencini è percorribile non chiudendo le piattaforme tecnologiche ma regolamentandole: “Sia taxi che ncc resteranno servizi pubblici non di linea. Abbiamo accolto molti suggerimenti provenienti dai rappresentanti delle due categorie, per questo lo sciopero non trova alcuna giustificazione”.

Articolo Precedente

Vicenza, tifoso della Samb in coma e con fratture al cranio. I dubbi del fratello: “Diteci se è stato picchiato dalla polizia”

next
Articolo Successivo

Incompiute, capolavoro dell’acquedotto marchigiano: è costato 55 milioni e serve metà dei comuni. Che però lo pagano

next