“Qualora il contribuente riscontri un errato computo della parte variabile della tassa sui rifiuti effettuato dal Comune o dal soggetto gestore del servizio può chiedere il rimborso del relativo importo in ordine alle annualità a partire dal 2014“. Una circolare del ministero dell’Economia apre il capitolo dei rimborsi della tassa sui rifiuti a seguito del calcolo fatto da diversi Comuni che hanno così moltiplicato la parte variabile della tassa per il numero delle pertinenze.

“Con riferimento alle pertinenze dell’abitazione, appare corretto computare la quota variabile una sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica. Un diverso modus operandi da parte dei comuni non troverebbe alcun supporto normativo, dal momento che condurrebbe a sommare tante volte la quota variabile quante sono le pertinenze, moltiplicando immotivatamente il numero degli occupanti dell’utenza domestica e facendo lievitare conseguentemente l’importo della Tari”, spiega la nota del Mef che precisa che “per ‘superficie totale dell’utenza domestica’ si intende la somma dei metri quadri dell’abitazione e delle relative pertinenze”.

Con quella tipologia di calcolo sono risultati importi decisamente più elevati rispetto a quelli che sarebbero risultati applicando la quota variabile una sola volta. Entrando nel dettaglio, si legge nella circolare: “La quota fissa della tariffa per le utenze domestiche è determinata applicando alla superficie dell’alloggio e dei locali che ne costituiscono pertinenza le tariffe per unità di superficie parametrate al numero degli occupanti”. Quindi, la quota fissa di ciascuna utenza domestica deve essere calcolata moltiplicando la superficie dell’alloggio sommata a quella delle relative pertinenze per la tariffa unitaria corrispondente al numero degli occupanti dell’utenza stessa, mentre la quota variabile è costituita da un valore assoluto, vale a dire da un importo rapportato al numero degli occupanti che “non va moltiplicato per i metri quadrati dell’utenza e va sommato come tale alla parte fissa”. Con riferimento alle pertinenze dell’abitazione, si legge nella circolare, “appare corretto computare la quota variabile una sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica”.

La questione è spinosa e risale al 2014, anno di nascita della Tari e a partire dal quale potranno essere chiesti i rimborsi. Il legislatore ha definito la tassa con una parte fissa computata in euro al metro quadrato e una variabile in funzione del numero di persone che compongono il nucleo familiare. Il calcolo della parte variabile avrebbe dovuto basarsi sui chili di rifiuti indifferenziati annui conferiti. Per far questo le municipalizzate avrebbero dovuto “pesare” i rifiuti indifferenziati e trasferire i dati al comune che avrebbe dovuto premiare i cittadini virtuosi. Un’operazione complessa che raramente è stata poi realmente realizzata. Spesso invece è accaduto che il calcolo della parte variabile della Tari sia stato effettuato tenendo conto solo del numero di componenti del nucleo familiare senza un “peso” reale di rifiuti indifferenziati a persona. A questa soluzione-tampone poi, in diversi comuni italiani, fra cui anche Milano, si è aggiunto un calcolo “creativo” imputato alla quota variabile.

Il risultato di questa operazione è che in alcuni casi la parte variabile della tassa è stata applicata due o più volte: una per la casa e una per ogni pertinenza annessa. Per intenderci, come aveva spiegato ilfattoquotidiano.it, si può fare il caso di un’abitazione da 100 metri quadrati per 4 persone con una garage da 15 metri e una cantina da 10 per una superficie totale di 125 metri quadrati. Con una quota fissa da 2 euro al metro quadrato, l’imposta fissa sarebbe pari a 250 euro cui andrebbero aggiunti 141 euro di variabile. Nel calcolo illegittimo, restano 250 euro di quota fissa. Ma la quota variabile di 141 euro viene moltiplicata per tre.

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