Finalmente, dopo due anni di lavori e revisioni, proprio quando rischiava di divenire carta straccia per via della fine della legislatura, lo scorso 15 novembre è stata approvata la legge quadro per la Mobilità Ciclistica alla Camera. Legge redatta grazie ai contributi della Fiab (Amici della bicicletta) e approvata quasi all’unanimità con solo due astenuti. “Dopo la Camera, la palla passerà al Senato – ha spiegato l’onorevole Gandolfi dell’Intergruppo parlamentare per la Mobilità Nuova e Ciclistica, che l’ha presentata – c’è dunque probabilità che la legge quadro venga approvata entro la fine della legislatura».

Meglio tardi che mai, l’Italia ne ha davvero bisogno. Il nostro paese resta al primo posto per il maggior indice di motorizzazione privata in Europa: 61 veicoli ogni 100 abitanti rispetto alla media europea di 46 veicoli ogni 100 abitanti (dati Euromobility 2012). Secondo l’Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti (Isfort) l’automobile è utilizzata dall’83 per cento degli italiani, nonostante il 60% degli spostamenti abituali non superi i cinque chilometri, il 40% i due chilometri e il 15% un chilometro. Ogni automobile, che viaggia generalmente con il solo conducente, circola soltanto per due ore al giorno. Nelle altre 22 ore rimane parcheggiata occupando suolo pubblico sottratto ad usi sociali. Gli incidenti stradali costano alla collettività circa 28 miliardi di euro l’anno. Di tutti gli spostamenti nelle aree urbane, circa il 60 per cento riguarda il trasporto di merci, dai grandi camion commerciali ai semplici trasporti quotidiani per rifornire le abitazioni. Il 42 per cento di tutti gli spostamenti motorizzati nelle aree urbane potrebbe essere effettuato con bici o cargo-bike. Tutti i dati sono riportati nel testo della proposta di legge.

Come ha sottolineato il ministro Graziano Delrio, “Se si riesce a stimolare l’uso della bicicletta nei primi 5 km, si possono ottenere riduzione del traffico cittadino del 40%: cose che nessuna tecnologia può fare”.

L’Italia, fino ad ora, rimaneva tra i pochi Paesi europei a non disporre ancora di un piano nazionale della mobilità ciclistica e di una rete ciclabile nazionale. La legge quadro vuole promuovere l’uso della bicicletta sia per gli spostamenti quotidiani (casa, scuola, lavoro e servizi), sia per le attività turistico-ricreative (cicloturismo). La legge quadro dovrebbe quindi potenziare anche l’integrazione modale tra bicicletta e mezzi di trasporto locali e regionali, che in molte regioni sono più che carenti. Stazioni, porti e aeroporti dovranno diventare accessibili in bicicletta. I relatori della legge presentano un esempio per tutti: l’aeroporto di Malpensa non è raggiungibile in bici, questo impedisce ai 20.000 addetti dell’aeroporto di recarsi al lavoro in bici e inibisce anche il collegamento con le ciclabili dei comuni limitrofi e del Parco del Ticino: eppure basterebbe realizzare una pista ciclo-pedonale lungo la strada statale 336.

La legge prevede che gli enti locali predispongano programmi triennali per l’attuazione degli interventi sulla mobilità ciclistica, e che gli argini dei fiumi siano utilizzati in modo prioritario per la realizzazione di itinerari ciclo-pedonali o di piste ciclabili. La rete nazionale di ciclovie diventa quindi una infrastruttura strategica nazionale e il 2% degli stanziamenti, annualmente previsti per le infrastrutture viarie e ferroviarie, saranno destinati alla mobilità ciclistica.

Il ritorno economico per l’intera società generato dagli investimenti in mobilità ciclistica è d’altra parte dimostrato da diverse ricerche. Secondo un autorevole studio fatto a Copenaghen, ad esempio, un segmento d’infrastruttura ciclabile lungo 1 km porta un guadagno netto di 42 centesimi per ogni ciclista che lo percorre, mentre lo stesso km fatto in auto genera una perdita di 3 centesimi.

Ma il problema in Italia non è solo economico e legislativo, è anche e soprattutto culturale. La dipendenza dall’auto è una dipendenza mentale, non solo pratica. Per questo ben vengano eventi culturali che sposano la mobilità sostenibile e invitano al pensiero critico… come il “Bicicletterario-Parole in Bicicletta”, il primo concorso letterario per opere inedite a tema bicicletta. La bici e la penna sono simbolo di pace e rivoluzione: leggere e sobrie, non inquinano, non ingombrano, non cementificano, non fanno rumore ma si fanno sentire. Sono una buona provocazione, un salutare vento in faccia.

Articolo Precedente

Molestie sessuali, dunque in ogni uomo c’è un potenziale maniaco?

next
Articolo Successivo

Migranti, “davanti alle tragedie del Mediterraneo dovevo fare qualcosa: oggi coi barconi confiscati costruisco opere d’arte”

next