Affronta il tema, ma prende di lato le accuse delle Nazioni Unite. Dopo 24 ore di silenzioMarco Minniti ha parlato della condanna espressa dall’Onu circa l’accordo stretto dall’Italia con la Libia per mettere un freno alle partenze dei barconi: “Se l’Unhcr ha potuto visitare i centri in Libia, lo si deve anche all’impegno del nostro Paese”, ha rivendicato durante il question time alla Camera il ministro dell’Interno, certificando la consapevolezza dell’esecutivo circa le atrocità che avvengono nelle “terrificanti prigioni” in cui Tripoli rinchiude i migranti per conto di Roma e (indirettamente) di Bruxelles. Una violazione dei diritti umani che l’Italia e l’Ue tollerano “pur di evitare gli sbarchi”, aveva sottolineato martedì l’Alto commissario Onu per i diritti umani Zeid Raad Al Hussein. Fatto che, ovviamente, Minniti non nega. Ma che, anzi, rivendica tra le righe come soluzione del problema.

“Se oggi l’Unhcr ha potuto visitare 28 dei 29 centri di accoglienza presenti in Libia, individuando oltre mille soggetti in condizioni di fragilità a cui potrà essere riconosciuta la protezione internazionale e la ricollocazione in Paesi Terzi – ha detto il capo del Viminale a Montecitorio rispondendo a una interrogazione di Mdp – lo si deve all’impegno del nostro Paese e dell’Europa”. Delle atrocità che avvengono in quei centri, della “sofferenza dei migranti detenuti” che è un oltraggio alla coscienza dell’umanità” secondo la definizione dell’Onu, Minniti non parla liquidando l’argomento con poche parole: “Per noi la questione dei diritti umani è, era e sarà irrinunciabile”. Rivendica, invece, il ministro una serie di risultati: che l’Oim ha portato a termine dalla Libia oltre 9.353 rimpatri volontari verso i Paesi di origine”, che “c’è un piano italiano di aiuti umanitari coordinato con i sindaci libici”, che “la nostra cooperazione sta procedendo ad un bando per l’attività delle Ong in territorio libico”, che “a lunedì Berna i ministri dell’Interno dell’Ue e dell’Africa settentrionale hanno firmato un documento di impegni sui diritti dei migranti”.

Rivendica, Minniti, e tiene la barra a dritta: la strada da seguire è quella dell’accordo con il governo di Fayez Al Sarraj, checché ne dica l’Onu. “Basta tutto questo? – ha domandato in via retorica il titolare dell’Interno riferendosi ai risultati appena elencati – no, ma l’alternativa non può essere quella di rassegnarsi all’impossibilità di governare i flussi migratori e consegnare ai trafficanti di esseri umani le chiavi delle democrazie europee”. Dunque “sconfiggere il traffico di essere umani e cancellare lo sfruttamento” è l’unica strada possibile secondo il ministro, autore della strategia che ha portato alla riduzione dei flussi lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Parole con le quali il capo del Viminale certifica lo status quo e conferma che per l’esecutivo le torture e le sofferenze inflitte ai migranti sono funzionali a una causa che vedrà i propri frutti solo tra alcuni anni.

In parallelo, ha proseguito il ministro – sfidando il vento di intolleranza che spira lungo lo stivale sul tema dell’accoglienza alimentato da buona parte del centrodestra, Lega in primis – occorre “porre credibili condizioni per regolare legalmente la questione migratoria” con l’apertura di corridoi umanitari come quello che ha già consentito di far arrivare in Italia mille profughi ed è già stato rinnovato per altri mille (promossi da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e Tavola Valdese, ndr), e con “ingressi legali concordati con i Paesi di provenienza”.

Ma se l’Italia deve proseguire sulla rotta tracciata, l’Unione Europea deve cambiare atteggiamento: “In vista del piano operativo 2018”, Minniti ha chiesto un “cambio di strategia all’Agenzia Frontex in quanto il modello tradizionale di operazione congiunta Frontex non è più adeguato per affrontare lo scenario migratorio attuale”. La gestione dei flussi migratori provenienti dal Nord Africa dovrà avvenire nel quadro di “una gestione europea integrata e condivisa della strategia delle frontiere e della mutua solidarietà tra gli Stati membri”. “Si è proposto, in particolare – ha spiegato – che il piano operativo 2018 abbia ad oggetto la gestione complessiva dei flussi migratori del Mediterraneo Centrale, dal momento del soccorso in mare del migrante sino all’obiettivo finale del rimpatrio di coloro che non hanno diritto a permanere nel territorio europeo”. Richiesta che l’Italia reitera con insistenza dal 2015, ma che l’Unione ha finora lasciato cadere nel vuoto causa opposizione degli Stati dell’Est.

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