Un territorio militarizzato, anzi, assegnato con ordinanza prefettizia “nella disponibilità delle forze di polizia”, con “ingresso e stazionamento interdetto a chiunque”, salvo proprietari muniti di pass. Melendugno, in provincia di Lecce, si è svegliata così, con centinaia di agenti di polizia ad ogni varco, dopo la notte in cui sono ripresi i lavori per la costruzione del gasdotto Tap. La marina di San Foca è inaccessibile. Le zone adiacenti al cantiere, in piena campagna, sono presidiate e, stando alle cartine diffuse dalla Prefettura, saranno chiuse con otto cancellate. Per trenta giorni, a partire da oggi, la viabilità è off limits su diverse strade e “sarà affidata al questore di Lecce la regolamentazione dei tempi e delle modalità di accesso nelle aree” interdette da parte “dei titolari di diritti reali sui fondi”.

Uno choc per la comunità locale. I residenti hanno denunciato forti disagi anche per recarsi a lavoro: “Sembra di stare in guerra”, hanno urlato scendendo in strada con dei cartelli. “Siamo stati sequestrati per tutta la notte”, hanno detto gli attivisti noTap presenti al presidio di fronte all’area di cantiere, bloccati lì fino al mattino inoltrato. “Non c’è stato modo di tornare a casa per chi, come me, è rimasto nella cintura compresa tra contrada San Basilio (dove è in costruzione l’opera) e il paese – ha riferito il vicesindaco Simone Dima – La polizia ha detto che ha l’ordine tassativo di non far entrare o uscire nessuno”. L’ordinanza del prefetto Claudio Palomba è stata resa nota solo in mattinata, non prima, “per ragioni di urgenza” e “i trasgressori saranno puniti ai sensi dell’articolo 650 del codice penale”, l’inosservanza dei provvedimenti delle autorità.

Una decisione dura, tanto da far esplodere la tensione strisciante di questi mesi e inasprita nelle ultime settimane dalla spaccatura tra i sindaci salentini, un terzo dei quali ha deciso di sedersi al tavolo sulle compensazioni di Tap e Snam a fronte della costruzione del gasdotto in arrivo dall’Azerbaijan. Lavori da portare avanti ad ogni costo: la multinazionale svizzera, l’8 novembre scorso, ha inviato in Prefettura il suo cronoprogramma, paventando il rischio della “decadenza da tutte le autorizzazioni rivenienti dal mancato rispetto dei termini” in vista dell’entrata in funzione del gasdotto entro la fine del 2020.

Per il prefetto, l’obiettivo del possente cordone di forze dell’ordine – composto da oltre 250 agenti – è anche quello di “assicurare una efficace protezione della incolumità delle persone e collettiva, nonché la tutela e l’efficace svolgimento delle attività previste”. La forte opposizione con blocchi stradali e barricate durante l’espianto degli ulivi a marzo, aprile e luglio ha fatto cambiare approccio: lavori soprattutto nella notte, impossibilità totale di raggiungere le aree interessate. “È assolutamente prevedibile in considerazione dei precedenti – è scritto nell’ordinanza – una forte reazione del movimento di opposizione all’opera, sin dalle primissime ore successive all’inizio dei lavori”.

In passato, l’allerta degli attivisti ha fatto giungere a Melendugno centinaia di persone, che hanno rallentato, se non stoppato, i lavori. A partire dall’inizio del mese, lungo le strade sono ricomparsi massi per sbarrare il transito ai mezzi. “Da ultimo, il 5 novembre – ha motivato il prefetto – presso il sito di San Basilio, ignoti, probabilmente dopo aver apposto al cancello di entrata al sito una catena con lucchetto, facevano esplodere una batteria di fuochi d’artificio, ad altezza uomo, che danneggiava il veicolo di servizio dell’Istituto di Vigilanza AlmaRoma e che solo per pura casualità non provocava il ferimento del personale incaricato alla vigilanza”. Dalla questura hanno segnalato anche il pericolo di infiltrazioni anarco-insurrezionaliste. Stamattina, però, a esprimere la propria rabbia ci sono soprattutto i residenti.

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