Alla fine il Golfo di Gela, nel tratto di mare compreso tra Macchitella e Punta delle Due Rocche, rimarrà com’era. Il progetto di una centrale eolica offshore da 137 megawatt per la produzione di energia elettrica, proprio di fronte al Castello di Falconara non verrà realizzato. La sentenza del Tar Sicilia ha posto fine ad una questione che si trascinava da anni. Da quando la Mediterranean Wind Offshore Srl,costituita dalla Holding di Partecipazione per l’Ambiente di Augusta e dalla Termomeccanica Ecologia Spa, ha dato avvio al progetto per il maxi parco eolico, con gli studi condotti nell’area tra il 2003-2005, quindi con la pubblicazione nel 2008 della sintesi non tecnica dello studio di impatto ambientale e nel 2014 con la presentazione del progetto da 150 milioni di euro. Al posto delle 113 pale iniziali “solo” 38, con un’area di sviluppo di 9,5 km quadrati. Inequivocabile lo stravolgimento del paesaggio di quella parte di Sicilia sud-occidentale.

Possibile che fosse possibile installare la centrale proprio davanti allo storico castello di Falconara, l’ultima fortificazione della costa meridionale della Sicilia, affacciata direttamente sul mare? Possibile che le pale potessero alzarsi in quel tratto di mare nel quale nel 405 a. C. la flotta cartaginese si scontrò con quella delle città greche guidate da Dionisio e nel 256 a. C. si svolse la battaglia di Capo Economo? Possibile che quei fondali “di straordinario interesse archeologico” non costituissero un impedimento alla realizzazione del Parco? Possibile che la minaccia per la sopravvivenza dell’avifauna che transita in quell’area nelle migrazioni tra l’Africa e l’Europa, oltre che la probabile alterazione delle zone speciali di conservazione, sottoposte alla normativa europea e internazionale di tutela, fossero elementi così trascurabili? Eppure erano arrivate le autorizzazioni, almeno quella del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel dicembre 2003. Quindi prima il giudizio positivo del Ministero dell’Ambiente e poi quello favorevole all’esclusione dalla procedura di Via in data 20 dicembre 2013.

Ma fin dall’inizio si erano mostrati contrari il Ministero dei Beni culturali, la Regione Sicilia, la Provincia di Caltanissetta e i Comuni di Gela, Licata e Butera. Una querelle quasi senza soluzione. Così nel 2012 ecco l’intervento del Consiglio dei Ministri che avvalora la “compatibilità ambientale” dell’opera. Sembra la fine della questione ed invece è solo l’inizio. Nell’aprile 2013 un primo ricorso al Tar, presentato dall’associazione Archeoclub d’Italia, da Legambiente e dall’associazione culturale “Triskelion”. Nel settembre 2014 si pronuncia anche il Tar del Lazio. Vengono accolte le ragioni di Italia Nostra e del Comitato no Peos. Ma la Mediterranean Wind Offshore non demorde. A gennaio 2015 modifica il progetto. Come? Con aereogeneratori che passano da 110 a 130 metri. Insomma rendendo ancora più impattante il Parco. Nel novembre 2016 la Commissione ambiente dell’UE avvia una procedura d’infrazione contro l’Italia per una presunta violazione della “direttiva habitat”, nel rilascio del parere positivo del Governo sulla valutazione di impatto ambientale che autorizza la realizzazione del Parco eolico offshore.

Così le associazioni ambientaliste e culturali del territorio insieme al gruppo societario che possiede il Castello di Falconara hanno dato battaglia e alla fine hanno vinto. Già perché i giudici amministrativi hanno rilevato numerosi difetti di istruttoria nella Valutazione di Impatto Ambientale. Una serie lunghissima di omissioni e sottavalutazioni. A partire dallo scarso rilievo assegnato all’impatto visivo, nonostante l’impianto si trovasse a circa due miglia dalla costa. “Si consideri che l’opera finale consiste nella posa sul fondale di 38 turbine con una altezza della parte emersa pari a 80 metri e un diametro del rotore pari a 113 metri, mentre l’altezza raggiunta da una pala nel corso della rotazione è di circa 135 metri”, si spiega nella sentenza. Inoltre “appare evidente l’illegittimità dell’esclusione della Soprintendenza del Mare dal procedimento, fermo restando che l’autorizzazione delle opere comporterebbe un danneggiamento irreversibile di beni di natura archeologica e culturale”. Senza contare che “l’area risulta interessata anche dal Castello di Falconara di assoluto pregio culturale, architettonico ed artistico e quindi l’opera doveva essere sottoposta ad autorizzazione paesaggistica”. Un progetto quello presentato che violava anche il piano territoriale paesistico della Provincia di Caltanissetta che “nelle aree comprese tra i siti di interesse comunitario di Manfria e Rupi di Falconara vieta anche la realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili”. Insomma un irragionevole scempio, fermato.

“Non sporcate il nostro orizzonte, non lasciate qui le vostre impronte” ed “e il naufragar mi era dolce in questo mar”, erano alcuni degli slogan sugli striscioni portati in corteo da studenti, volontari di diverse associazioni e amministratori locali nella manifestazione del 12 aprile 2014 a Gela. Tutti insieme per chiedere qualcosa che anche il buonsenso avrebbe dovuto suggerire. No al Parco eolico in prossimità della costa, sì a quello ad una distanza tale da non costituire offesa al paesaggio. In quella proposta inascoltata la ragione di un progetto che non verrà realizzato.

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