Tre, quattro per banco. Ciascuno con il proprio computer e le dispense su cui seguire. Si sono incontrate almeno due generazioni nella sala colloqui del carcere di Rebibbia. Il più giovane avrà avuto vent’anni. Il più anziano, oltre i sessanta. Eugenio è stato il primo a intervenire. Voleva assicurarsi un parere favorevole sul finale del suo racconto. Il suo colpo di scena sarà ambientato in carcere. Dall’altra parte del monitor, altre classi. Le aspiranti scrittrici della sezione femminile di Rebibbia, i detenuti di Saluzzo e quelli di Santa Maria Capua Vetere.

La prima ora è trascorsa leggendo, in compagnia di Cinzia Tani connessa dalla postazione dell’università eCampus. Jane Austen, Edgar Allan Poe, Dante Alighieri, Herman Melville, Pirandello. Ce n’era per tutti. A turno dai vari penitenziari i detenuti leggevano i primi capoversi dei grandi della letteratura. A Saluzzo c’è già uno scrittore. Antonio ha creato un personaggio che si chiama León. Le sue avventure sono prossime alla pubblicazione. Per il premio gli toccherà inventare una storia nuova. Dopo poco, nella sala lunga, stretta e gelida del penitenziario, l’ospite d’eccezione che tutti attendevano con ansia ha preso la parola.

Dai racconti materni alla contemplazione della natura. Erri De Luca a Rebibbia ha spalancato finestre su mondi remoti e fantastici, lasciando gli aspiranti scrittori esterrefatti e inchiodati ad ascoltarlo fino all’ultima sillaba. La vita di un pesce che si è figurato a 11 anni e la paura di continuare a pensare da pesce anche a racconto finito. Le mura sottili di tufo della sua Napoli, che trasudano storie anche quando non ha intenzione di origliarle. E ancora la bellezza della lingua italiana, descritta come “un bacino alluvionale in cui sono confluiti i dialetti”. “Mi insulto in napoletano” ha detto, descrivendo il rapporto con la lingua d’origine. Tra i ricordi è emerso anche quello di un suo amico detenuto a lungo, Sante Notarnicola. Obbligato a scegliere un solo libro da tenere con sé in cella, “Sante si tenne stretto il vocabolario della lingua italiana”.

La sua non è una lezione tradizionale, ma un viaggio attraverso i luoghi e gli affetti più cari. “Non sono un maestro di niente” – precisa – “non ho nemmeno il titolo, ho studiato poco”. Gli anni trascorsi da operaio affiorano più volte. Pensieri, idee fluivano incessanti mentre lavorava senza che, però, sentisse l’esigenza di annotarli. “Prima o poi mi torneranno in mente” si diceva. E l’umanità delle sue parole ha fatto breccia tra gli ascoltatori. Erri De Luca ha scelto volontariamente di tenere l’incontro in carcere. Avrebbe potuto beneficiare della novità di questa VII edizione del premio Goliarda Sapienza, che consiste in un corso online di scrittura creativa. Invece ha preferito esserci, lasciando tutti immobili ad ascoltarlo. Il suo amore per la montagna, la predilezione per la fisicità piuttosto che per l’astrazione, il ruolo delle donne nella sua produzione letteraria hanno tenuto alta l’attenzione. Preziosi i suggerimenti, che in parecchi si sono affrettati ad annotare: “Non mi capita di avere blocchi, quando mi scappa di scrivere lo faccio”. E ancora: “Sono diventato uno che scrive storie perché le ho sentite e quell’orecchio che le sentiva, poi, le vedeva pure”.

Al termine della sua testimonianza, gli aspiranti scrittori hanno manifestato numerose curiosità. Anzitutto più d’uno, sulla scorta della vita del pesce, ha avanzato l’idea di scegliere per protagonista del proprio racconto un animale. Un bassotto, per l’esattezza, una detenuta. Per un altro, invece, un cucciolo di cane che darà anche il titolo all’elaborato: “Nato per amare”, come ha detto di sentirsi lui stesso. Non sono mancate le domande. L’amore è stato tra i primi oggetti di interesse del reparto femminile. E, ancora, cosa fare quando la realtà che si vive non piace. In questi tre mesi e mezzo di tempo, i sessanta partecipanti avranno modo di continuare a interrogarsi e a scandagliare il proprio vissuto per cercare ispirazione. Saranno venti gli elaborati selezionati per la pubblicazione del volume “Racconti dal carcere” e uno il vincitore, per la prima volta ospite alla Fiera del Libro di Torino. Ma ciò che davvero conta è quel che avviene nel tempo di mezzo. “La scrittura” – ha dichiarato De Luca – “è stato il modo con cui mi sono tenuto compagnia”. E al termine dell’incontro, piuttosto che ciascuno solo imprigionato nel proprio presente, si stava come i tifosi di Umberto Saba: “Pochi intirizziti, uniti”. “Un manipolo sparuto, che si riscaldava di se stesso”.

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