C’è la delusione. Perché davvero giocavano per vincere, perché quando hanno visto Beppe Grillo e Davide Casaleggio scendere in Sicilia come per le grandi occasioni pensavano che fosse quasi fatta. C’è l’amarezza. Per l’astensione, ancora così forte. Perché la campagna elettorale è stata lunga, ma le piazze calde sembravano dire il contrario. Ma non solo. Perché c’è ancora tutta e forse anche di più l’adrenalina e perché ora, forse più che mai, si vedono arrivare all’orizzonte le elezioni politiche. Quando lo scrutinio delle Regionali in Sicilia è terminato e i grillini perdono fermandosi al 34,6 per cento delle preferenze, si fanno le prime valutazioni: “Ora puntiamo sull’effetto Sicilia: noi siamo l’unica alternativa a Silvio Berlusconi. Significa che c’è chi pur di non vedere il ritorno del centrodestra, è pronto a a sostenerci“, è il ragionamento che fanno fonti vicine ai vertici M5s con ilfattoquotidiano.it. I grillini argine del ritorno dell’ex Cavaliere? E’ questa l’immagine che arriva dall’Isola dove per un attimo anche Grillo e Casaleggio hanno sperato nel colpaccio. Se servono le prove basta guardare al voto disgiunto: c’è una larga fetta della popolazione che ha votato il grillino Giancarlo Cancelleri presidente e dato poi preferenze a un altro partito, con un travaso di voti ad esempio di elettori Pd anti-Musumeci. Il nemico vero è il “centrodestra unito”, che però bisogna nominare il meno possibile per evitare di “accreditarlo”, dicono. Chi non ha bisogno di metafore è proprio Berlusconi: “Il confronto”, ha dichiarato senza girarci intorno, “ora è tra noi e il Movimento 5 stelle. Il Pd non è un competitor credibile”.

Cancelleri, l’ormai ex candidato M5s, è concentrato su altro: sugli impresentabili ad esempio, ma anche sulle migliaia di voti che hanno fatto la differenza e su quella occasione persa per un soffio. Ma quelli intorno a lui, arrivati per l’occasione e in suo supporto, a quel laboratorio guardano pensando già al dopo. “Da qui parte un’onda“, è stato il primo commento ufficiale di Di Maio nella conferenza stampa per commentare la sconfitta. “E’ l’onda che in quattro mesi può portarci davanti al presidente della Repubblica per un governo 5 stelle”. E poi: “Siamo l’unica forza solida del Paese. Il Pd è ai minimi termini”, motivo per cui ha fatto saltare all’ultimo il confronto tv con Matteo Renzi. Il deputato Carlo Sibilia intanto è andato oltre: “La prima lista che ci viene dietro è Forza Italia con il 16 per cento, è evidente che il Movimento viene visto come forza credibile. In chiave nazionale il passaggio siciliano può essere di buon auspicio: quei 3-4 punti di distacco dal centrodestra si possono recuperare”. Tutto questo a fronte del crollo di quello che chiamano “il carrozzone del centrosinistra”: “E’ ridotto in pezzi”, ha aggiunto il collega grillino Riccardo Fraccaro, “e ottiene un risultato disastroso frutto degli anni di malgoverno. Renzi e i partiti locali, che pensavano di conservare le poltrone e neutralizzarci con una legge truffa come il Rosatellum, sono stati sconfessati”.

“Sarà una sfida tra chi vuole il cambiamento e Berlusconi”- Inutile girarci intorno: la partita vera ora è quella del Parlamento. Quando sarà archiviata l’agitazione del post voto, il Movimento è convinto di sapere da dove ripartire. Il mantra che Davide Casaleggio fa ripetere ai parlamentari è “che serve concentrarsi sui temi“. “Dobbiamo presentarci credibili, con persone di valore e il resto verrà. Ma ve lo immaginate una campagna dove da una parte ci siamo noi che predichiamo il cambiamento e dall’altra Silvio Berlusconi? A livello comunicativo sulla carta è facile, poi però bisogna sapersi presentare credibili e forti sui singoli temi. Non si vince dicendo che ‘gli altri rubano’, ma proponendo un’idea di Paese”, dicono fonti vicine ai vertici M5s. Che significa, va bene la battaglia sugli impresentabili, ma bisogna innanzitutto dare speranze, proporre progetti, essere credibili sulla lunga distanza. Chi gli sta dando una gran mano è Matteo Renzi: prende una botta dopo l’altra e nonostante ciò va avanti da sol. “La legge elettorale Rosatellum è un regalo al centrodestra. Questo significa che se il Pd non fa l’anti Berlusconi, per motivi ormai chiari ed evidenti a tutti, ci pensiamo noi a farlo. E gli elettori non potranno che premiarci”, concludono.

La prova generale in Sicilia – L’effetto Sicilia ha radici lontane. Era il 2012, il M5s fece il suo primo exploit alle elezioni Regionali siciliane e fu l’inizio del famoso Tsunami a livello nazionale con le politiche del 2013. Ora qualcosa di simile potrebbe riproporsi. C’è un dato che la memoria breve ha già fatto scordare: solo due mesi fa i grillini erano dati per zoppicanti e in pole position per prendere il primo schiaffo elettorale del nuovo corso Davide Casaleggio-Luigi Di Maio. Addirittura, c’era nelle fila dei dissidenti qualcuno che preparava gli interventi del 6 novembre, quelli del post voto, quando avrebbero potuto finalmente mettere in discussione le leadership del candidato premier. Oggi nemmeno la dissidenza è così facile: il voto consegna un Movimento quasi compatto e con la spinta giusta per sognare le politiche. Come nel 2013 e tra l’altro senza il peso di un governo siciliano che, a parte tutto, sarebbe stato più difficile che altro. “Di Maio ha sorpreso le anime più critiche”, raccontano fonti dentro il M5s. Dopo l’investitura tanto contestata (da una parte) di Rimini, ci si aspettavano dibattiti nelle segrete stanze e invece non è stato solo così. “Il gruppo sta ritrovando una sua armonia”. Si è visto. E se la campagna siciliana doveva essere una prova generale, non si può dire che sia andato proprio tutto male. Quello che è sicuro è che c’è stata più esperienza: decine di eventi sul territorio, una presenza di Di Maio ciclica e costante (a fronte dell’assenza di Renzi), un martellamento sui social network estenuante e senza precedenti. E soprattutto lo stato maggiore mobilitato: dallo staff comunicazione al completo, fino ai più fidati collaboratori di Casaleggio e Grillo sul campo. “Con queste energie e questi mezzi era il massimo che potessimo fare”, commentano all’interno.

Il segnale dell’astensione – Resta il fatto che quella della Sicilia non è una vittoria. Ma da lì, dove tutto è partito, è arrivato un nuovo segnale. Quelli che avrebbero dovuto sparire dopo le elezioni 2013, hanno retto. Hanno vinto a Ragusa e Bagheria dove governano, sono andati male a Gela dove hanno espulso il primo cittadino dopo pochi mesi. Segno che, lo sanno bene, contano ancora una volta le persone: Cancelleri ha raccolto i voti in più perché ha convinto come candidato, alla faccia di qualsiasi uno vale uno delle origini. Questa sarà una delle partite che si apre davvero per i 5 stelle: arrivare all’appuntamento elettorale della prossima primavera con volti forti sul territorio, personaggi credibili che sappiano raccogliere i consensi e trascinare il voto. Il vero punto che preoccupa i grillini è l’astensione. Così alta, così forte non se la aspettavano: “Non siamo riusciti a portare a votare tante persone che avrebbero fatto la differenza”, questa è l’amarezza più grande che circola nei corridoi dei grillini. Perché se i disillusi non scelgono il M5s, chi altro dovrebbero scegliere? Dicono tra loro. “Oggi il nostro principale avversario è l’astensionismo”, ha dichiarato ad esempio Sibilia. “Dobbiamo andare a prendere le persone che non hanno votato, con metodi nuovi e innovativi e cambiando metodi comunicativi: meno parole, più azioni. Il centrodestra si batte portando a votare quelli che oggi non vanno alle urne”.

Il Di Maio che sarà – Servirà una mobilitazione senza precedenti per poter competere con il centrodestra alle prossime elezioni. E Di Maio, che in Sicilia ha dato forse tutte le energie, dovrà riuscire a tenere il fiato. Intanto, come prima mossa da leader che è arrivato secondo, si è permesso di annullare il confronto con Matteo Renzi richiesto e già programmato su La7. La scelta del “coniglio”, come hanno detto i suoi avversari, che gli fa fare una figuraccia subito e forse gli risparmia di doversene pentire poi. Il segretario Pd gli ha risposto con il tono assertivo, quasi la cosa non fosse neppure in discussione. Invece il grillino non solo non andrà, ma probabilmente nemmeno ci aveva mai creduto. Quindi ricapitolando: Di Maio, superati terremoti dell’investitura di Rimini e i colpi del collega e amico Roberto Fico, ora dovrà dimostrare che può guidare il Movimento fuori dal pantano siciliano e ambire davvero al governo del Paese con la legge elettorale peggiore che ci sia. Intanto, mentre si è preso tutti gli appellativi per la sua scelta di ritirarsi dal confronto tv, ha messo in cantiere di andare dal tanto vituperato Fabio Fazio su Rai1, perché ormai si può fare tutto. Tranne forse sfidare a viso aperto e nel suo campo migliore quello che sarà il vero avversario: Silvio Berlusconi. “Il nostro nemico è l’indifferenza che crea astensione”, ha detto Di Maio. Certo, Antonio Gramsci a parte, il nemico ora e per i prossimi mesi è proprio lui: l’ex Cavaliere. E per batterlo non basteranno le dirette Facebook.

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