Il presidente Erdogan vuole un’auto “made in Turkey” per i suoi connazionali: una sorta di Volkswagen turca che nasca con gli stessi presupposti – e con gli stessi venti politici – con cui venne istituita l’auto del popolo tedesca, voluta da un altro leader baffuto. Da molti anni in Turchia sono fabbricate automobili destinate al mercato europeo per conto di aziende del calibro di Renault, Toyota, Hyundai, etc. La stessa Fiat possiede a Tofas uno dei suoi impianti più prolifici, dove nasce una best-seller come la Tipo. Tuttavia un marchio nazionale a quelle latitudini ancora non esiste e per Erdogan ciò costituisce una vera e propria “vergogna nazionale”. In ballo ci sarebbe addirittura la credibilità economica del paese.

Per ovviare al problema il presidente ha forzato la creazione di una joint-venture fra cinque aziende turche di componentistica automotive e non a cui è stato promesso il massimo appoggio governativo: come riporta Reuters, il primo modello pensato e fabbricato in Turchia potrebbe essere pronto già nel giro di 24 mesi per arrivare sul mercato nel 2021 e soddisfare uno storico pallino dell’Akp, il partito al potere.

Con la solita diplomazia che lo contraddistingue, Erdogan ha fatto notare che “non saranno tollerati ritardi o perdite di tempo” per un progetto industriale che ha pure la (superflua) approvazione del primo ministro Binali Yildirim. Le cinque società turche che fanno parte della cordata contano complessivamente 110 mila dipendenti e nel 2016 hanno fatturato 14,3 miliardi di euro. Il mercato dell’automobile in Turchia vale circa 750 mila veicoli l’anno (di cui il 70% importati) e l’impressione è che l’auto nazionale turca possa ambire ad essere esportata in Europa e Medio Oriente, posizionandosi nella fascia di prodotto low-cost.

“Sarò il primo cliente per la nuova vettura, a condizione di pagarla personalmente”, ha dichiarato Erdogan. Tuttavia, al di là dei toni prevedibilmente trionfalistici, gli analisti hanno accolto scetticamente questa iniziativa industriale: quelli di Ata Invest, pur apprezzando i buoni propositi, si domandano come faranno aziende diverse – alcune senza esperienza in ambito automotive, come l’operatore telefonico Turkcell (le altre sono Vestel, Anadolu Holding, Kiraca Holding e BMC Group) – a collaborare insieme in così breve tempo inserendosi in un’industria, quella automobilistica, ad altissima competitività e con margini molto risicati. Non a caso le quotazioni in borsa dei 5 partner hanno cominciato a scendere dopo le dichiarazioni di Erdogan, che evidentemente non è proprio un re Mida.

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