Era fuggito in Nord Africa dopo le truffe milionarie e le estorsioni con la sua Rimini Yacht, con un coté di militari della Finanza, residui di P3 e briciole di ‘ndrangheta. Era finito latitante prima in Tunisia, poi in Algeria, infine in Libia. Qui fu anche arrestato, ma quando cadde Gheddafi, fu liberato dai ribelli alle quali poi si è unito per qualche tempo. Infine, da comandante di una motovedetta anti-scafisti, discettava sui giornali dispensando consigli all’Italia sulle misure più giuste per bloccare i flussi migratori. Alla fine Giulio Lolli, imprenditore bolognese, da 7 anni ricercato dalla giustizia italiana per via di due mandati di cattura internazionale, è stato arrestato dalle forze speciali di deterrenza Rada, militari che dipendono dal ministero dell’Interno libico per il quale in teoria Lolli lavorava.

Ora l’ex imprenditorei si trova nel carcere di Tripoli. L’arresto è avvenuto martedì, come hanno confermato le autorità giudiziarie libiche che hanno eseguito l’arresto chiesto da tempo dalla Procura di Rimini per associazione per delinquere finalizzata alla truffa e estorsione.

In Libia, dopo aver partecipato alla rivolta contro Gheddafi, Lolli era diventato uno dei luogotenenti delle forze speciali di sicurezza marittima del porto di Tripoli, guidate dal comandante Taha El Musrati, col compito dichiarato di fermare gli scafisti. Per questo anche di recente era finito sui giornali italiani. Per esempio sul Giornale che definì la sua vicenda una “sfortunata bancarotta”. “Scrivetelo – disse all’epoca Lolli intervistato dal quotidiano diretto da Alessandro Sallusti – il vostro governo sta buttando i soldi in mare. State addestrando e fornendo motovedette a una Guardia Costiera che a Tripoli non ha accesso al mare. A Misurata invece sarà inutile perché le barche dei migranti non partono da lì”. In quell’intervista l’ex imprenditore e broker emiliano si definì “un ufficiale delle Forze Speciali di Sicurezza Marittima: siamo una brigata di 153 uomini che controlla il porto di Tripoli e ha l’incarico di recuperare migranti e feriti e sfollati”. Un anno prima al Quotidiano Nazionale assicurava: “La latitanza non mi ha cambiato: adoro le donne e gli hotel di lusso”. L’ultima traccia, invece, è del settembre scorso quando – ancora da ufficiale del governo Serraj in nome del quale diceva di operare – discuteva di ong: “Se le ong non ci fossero – disse a San Marino Tv – vi sarebbero meno morti in mare”. Ha tenuto anche un blog molto curato, L’ultimo avventuriero.

Lolli fuggì anni fa dopo l’inchiesta che travolse la sua società, la Rimini Yacht, che vendeva barche di lusso e che è fallita portandosi dietro un’indagine giudiziaria che ha coinvolto importanti esponenti della Guardia di finanza, finanzieri legati alla P3 (tra i testimoni del processo fu chiamato anche Flavio Carboni) ed è arrivata a lambire perfino indagini riguardanti la ‘ndrangheta. In Italia, Lolli è accusato di una truffa milionaria, basata, sostanzialmente, sulla vendita degli stessi yacht ad acquirenti diversi. Oltre a questo avrebbe nascosto all’erario oltre 40 milioni di ricavi. Nel corso degli anni gli sono state sequestrate due ville, una a Pennabilli (Rimini) e l’altra a Casalecchio di Reno, per un valore di 2 milioni.

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