Si chiama “fidelizzazione dell’utenza” ed è una delle strategie fondamentali per favorire il trasferimento strutturale di una quota rilevante di spostamenti quotidiani casa-lavoro dal mezzo privato al trasporto pubblico.

Non so quanti se ne siano accorti ma questa strategia è presente e lotta insieme a noi, fra le righe della legge di Bilancio all’esame del Parlamento. Mi riferisco alla parte del provvedimento (articolo 4, comma 1, lettera a, punti 1 e 2) che riguarda il ritorno delle agevolazioni fiscali sugli abbonamenti al trasporto pubblico previste nel quarto articolo, laddove si richiama la possibilità di detrarre dall’imposta lorda il 19 per cento del costo degli abbonamenti trasporti pubblici locali, regionali e interregionali fino a un massimo di 250 euro.

Questa modifica è certamente importante e incentivante per qualunque utente.

Ma la novità a mio avviso più rilevante e potenzialmente “strutturale” è un’altra, e segue subito dopo nel dispositivo di legge al successivo punto B del comma 1; è quella che prevede l’estensione delle detrazioni al datore di lavoro per quanto riguarda “le somme erogate o rimborsate alla generalità o a categorie di dipendenti o le spese direttamente sostenute dal datore di lavoro, volontariamente e/o in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale, per l’acquisto di abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale o interregionale del dipendente e dei familiari”.

Fra le righe di questa modifica integrativa al DPR 917 del 22/12/1986 è contenuta una potenziale “rivoluzione” della mobilità pendolare nel nostro Paese, la cui attuazione effettiva dipende sia dal datore di lavoro che dalle rappresentanze sindacali presenti in ogni singola azienda. Un cambiamento molto più importante ed efficace, per la qualità della vita del lavoratore (e dell’ambiente nel quale vive e lavora), rispetto ad altri benefit contrattuali come i buoni pasto. Alla pari dei ticket, infatti, l’abbonamento al servizio di trasporto pubblico entra nella contrattazione aziendale; e lo fa attraverso un corridoio privilegiato che prevede incentivi economici sia per il dipendente che per il datore di lavoro.

Una volta che “per contratto” ricevi automaticamente un abbonamento annuale al servizio di trasporto pubblico, questo benefit contrattuale lo usi. Perché ti accorgi che quel benefit significa risparmiare annualmente alcune migliaia di euro in benzina, sosta, pedaggio, parcheggio, usura del mezzo, tempo perso in coda su strada anziché a leggere seduto nello scompartimento.

Insieme alle tabelle salariali, sarebbe utile predisporre altre tabelle dalle quali fare emergere gli oneri complessivi attualmente in carico a ogni singolo lavoratore derivanti dagli spostamenti casa-lavoro-casa. Questo significa fidelizzare; e l’inizio è sempre collegato – come nelle misure di mobilità urbana – all’elemento di incentivo/disincentivo economico.

L’auspicio è che da parte delle organizzazioni sindacali l’abbonamento al servizio di trasporto pubblico divenga un obiettivo prioritario della contrattazione. In modo da innestare un cambiamento irreversibile che – come già accennato più volte dal ministro Delrio, che ritengo persona onesta e capace – a sua volta imponga alle società del settore trasporti (in primis a Ferrovie dello Stato) di accelerare gli investimenti sui nodi urbani dove si concentra la domanda prioritaria di trasporto di breve-medio raggio, per contribuire a trasformare quelli che – in alcune tratte ritenute secondarie – sembrano carri bestiame in confortevoli mezzi di trasporto alla pari delle altre aree urbane europee.

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