Scontro a Otto e Mezzo (La7) tra il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, e il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, sulla riapertura della inchiesta sulle stragi di mafia con Berlusconi e Dell’Utri indagati. “E’ ripartita la caccia a Berlusconi” – accusa Sallusti – “e questo significa che lui fa ancora politicamente paura. Il primo punto da osservare è banale: la tempistica. Siamo a tre giorni dalle elezioni regionali siciliane, a pochi mesi dalle elezioni politiche e a poche settimane dalla sentenza della Corte Europea che dovrebbe decidere sull’agibilità politica di Berlusconi. Adesso chi ritira fuori, o quanto meno innesca, la storia che Berlusconi sia mandante delle stragi? Il più famoso procuratore d’Italia, cioè Nino Di Matteo”. Mentre Travaglio scuote la testa, Sallusti continua: “La cosa anomala è che questo Di Matteo, procuratore in carica, è un simpatizzante grillino che ha partecipato a delle manifestazioni grilline”. Il direttore del Fatto non riesce a trattenere una risata. E Sallusti ribadisce: “Di Matteo si è detto disponibile a fare il ministro grillino. Ha teorizzato che i giudici devono e possono fare politica. E solo un paio di anni fa fece delle critiche politiche molto forti a Berlusconi. Ma è possibile che un magistrato, che dice di voler entrare in politica coi grillini, alla vigilia del voto in Sicilia inneschi un avviso di garanzia per un rivale politico? A me sembra quasi surreale”. La conduttrice della trasmissione, Lilli Gruber, chiede a Travaglio se effettivamente questi interventi della magistratura prima delle elezioni su Berlusconi non siano sospetti. E il giornalista risponde: “Potrebbero essere sospetti anche quelli sulla Appendino, sulla Raggi, su Nogarin, perché anche il M5S partecipa alle elezioni. Io non credo affatto che le indagini siano legate alle elezioni né per il M5S, né per il Pd, né per Berlusconi. Ogni indagine, di solito, nasce da un fatto, che può essere una denuncia, come nel caso della Appendino, o una lite nel cda di una municipalizzata, come nel caso di Nogarin, o una segnalazione dell’Anticorruzione, come nel caso della Raggi“. E spiega: “Di Matteo non c’entra assolutamente niente, lui è semplicemente uno dei magistrati che hanno ascoltato le intercettazioni di Graviano e per competenza ne hanno passato un pezzo ai magistrati della procura di Firenze, che si occupano delle stragi del ’93. Poi le hanno mandate a un gip, cioè a un giudice terzo, che li ha autorizzati a riaprire un vecchio fascicolo. Dopodiché Di Matteo non è affatto un simpatizzante grillino. Questa è la vera macchina del fango

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