“Padre Paolo Dall’Oglio è stato ucciso alcuni giorni dopo il suo sequestro”. Lo ha dichiarato A.A, jihadista marocchino, entrato nelle fila dell’Isis nel 2013, al quotidiano saudita As Sharq al Awsat che lo ha intervistato a Raqqa, nel quartier generale delle Forze Democratiche Siriane – coalizione predominata dai curdi, che hanno preso il controllo della città, un tempo capitale dello Stato Islamico in Siria. A.A, oggi messo in stato d’arresto dai curdi, nel 2014 era stato incaricato di coordinare gli arrivi dei volontari dal fronte nord, al confine con la Turchia. “Questo – spiega al quotidiano – a causa del fatto delle mie conoscenze linguistiche: parlo quattro lingue. Il mio compito era accogliere i jihadisti” che passavano il confine con la Turchia per raggiungere i territori siriani dell’autoproclamato califfato.

Un giorno, nell’estate del 2014, un anno dopo il sequestro di Dall’Oglio, degli emissari di una associazione vicina al Vaticano “ci hanno contattati per conoscere la sorte del gesuita e di un altro giornalista italiano che risultava disperso”, racconta A.A. Ma i vertici del Califfato rifiutarono di incontrare gli intermediari. “Quando avvisai il mio comandante, Abou Muhammed al-Iraqi – prosegue il jihadista, nato a Rabat nel 1982 – questi mi disse di non chiedere di Dall’Oglio”. E aggiunge, “i leader dello Stato Islamico mi dissero che Abou Luqman al-Raqqawi – un miliziano dell’Isis – aveva ucciso il monaco italiano pochi giorni dopo il sequestro”.

Durante questi anni, sulla sorte del gesuita italiano, scomparso nel nulla a Raqqa il 29 luglio 2013, sono circolate voci contrastanti. C’è chi lo dava per vivo e chi per morto poco dopo il sequestro. Nel 2014, Tahrir Syria, sito internet vicino all’opposizione siriana, pubblicò una intervista con un attivista siriano presente nella città di Raqqa che dava il gesuita morto “poche ore dopo il suo sequestro”. Mentre secondo l’Osservatorio Siriano per i diritti umani, con sede a Londra e una ampia rete di contatti in tutto il territorio siriano, tale notizia non era attendibile in quanto mancavano “indizi concreti sull’uccisione di Dall’Oglio”.

Un anno dopo, nel 2015, il Corriere della Sera intervistò un militante fondamentalista siriano, Tarek Khaldi, rifugiato in Germania. “Quello che so – disse Khaldi – è che Dall’Oglio venne ucciso in modo cruento quasi subito, al suo arrivo, perché cristiano. Se non ricordo male, il suo assassino si chiama Abu Walid al Ezza. I suoi vestiti insanguinati per mesi rimasero nelle mani di un certo Abu Owaled, che poi morì per una faida interna. Il governo di Damasco offrì un milione di dollari per averli, ma la trattativa non andò mai in porto”.

Notizia smentita successivamente sempre dall’Osservatorio Siriano secondo cui il gesuita era stato visto nella città siriana nell’agosto del 2015 da alcune fonti per informate. L’ultimo in ordine di tempo ad aver detto di avere prove riguardo al destino del sacerdote italiano era stato Saleh A. un giovane jihadista siriano che, secondo il quotidiano francese Le Monde, voleva raggiungere Roma per trattare con un certo “Carlos” la vendita al Vaticano di un video in cui ci sarebbe la dimostrazione che il religioso italiano è vivo.

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