“Compiere 52 anni, di teatro, non è cosa da poco”. Sotto i riflettori lo dice con ironia Gigi Proietti, che questo mezzo secolo e poco più lo ha cavalcato tutto e per qualche giorno è tornato festeggiare nel modo che gli riesce meglio: il palcoscenico. Due anni fa Cavalli di Battaglia, summa della sua carriera di teatrante, aveva registrato il tutto esaurito su decine di repliche, poi l’anno scorso le quattro serate su Rai Uno. La prima puntata superò i 5 milioni gli spettatori con il 24,46% di share. I suoi personaggi dalla saggezza strampalata erano accompagnati da attori e attrici di fama come ospiti. Il teatro invece, guitto e scanzonato, lo vede brillare in solitaria. E neanche così solo, a dirla tutta. Spalleggiato da un’orchestra con l’anima swing occhieggia come se ti cantasse uno stornello romanesco, invece fa un pezzo di Dean Martin. Con un’atmosfera del genere, a momenti l’Auditorium Santa Cecilia sembra una Las Vegas cacio e pepe. Siamo a Roma, origine e habitat naturale di un raffinato predatore da palcoscenico che colleziona successi e restituisce buon umore. Senza mai scordare il pepe.

La generosità nelle storie come quella di Proietti va sempre a braccetto con la riconoscenza, allora la conzoncina Grazie/prego con la quale coinvolge i 2.800 spettatori in uno scambio d’effusioni valica anche la ruffianeria dei colleghi che sbeffeggia con allegri spiegoni sull’applauso di sortita. O meglio, le impercettibili moine che un attore di mestiere usa per strappare i battimani. Vanità e tic attoriali tutti alla berlina con quel sorriso che diventò “magico” dal ’76, anno di Febbre da Cavallo. Da scommessa o da battaglia, sempre sui cavalli si ritorna con Proietti. Tutti vincenti ovviamente. Cominciò da attore impegnato, grandi registi internazionali e piéce importanti. Poi da Alleluja brava gente riscoprì il sorriso che può legare senza limite un attore al pubblico, facendolo suo. Potremmo sintetizzarlo così il suo passaggio al lato umoristico del teatro. Alleggerimento e felice anello di congiunzione tra alta e bassa cultura che a modo suo prosegue sugli stessi solchi emotivi tracciati da Dario Fo. Nello spettacolo andato in scena dal 21 al 27 ottobre lo abbiamo visto in compagnia di alcuni ex-allievi della sua scuola di teatro. Quella che ha sfornato anche Enrico Brignano, Gabriele Cirilli, Pierfrancesco Favino, Rodolfo Laganà e Flavio Insinna. Per dirne alcuni.

Così quello che ti aspetti come un monologo tutto per il pubblico diventa un vivace dialogo, un varietà. Anzi, un galoppante pezzo di avanspettacolo fatto di lazzi e numeri musicali dai quali fanno capolino Pietro Ammicca con il suo gioco mimico in combutta con gli spettatori e l’inossidabile parodia della Signora delle Camelie, dove un attore sordo e un po’ greve viene tirato in ballo su un palco in balia del suggeritore. Ma si pesca anche da più lontano. “Lo spettacolo è sempre quello, ma ogni sera Gigi cambia qualcosa”. Mi dice la sua assistente prima dello spettacolo. “Certe volte sostituisce un pezzo con un altro. I suoi cavalli di battaglia sono così tanti. Non sai mai cosa sceglierà”.

Alle risate si alternano momenti musicali, così Gigi Proietti propone il ricordo affettuoso dell’amico Vittorio Gassman imitandolo nella lettura della Divina Commedia per poi virare su New York New York facendola sfociare in un piccolo medley con O sole mio. Sul palco oltre ad ex-allievi meno conosciuti, alcune splendide spalle comiche. E anche le due figlie. Graffiante la voce di Carlotta Proietti quando omaggia Gabriella Ferri. Oltre all’amato Gastone di Ettore Petrolini non manca un ricordo di Roberto Lerici, che Alleluja brava gente lo scrisse, oltre ad altri spettacoli di Proietti. Mentre quell’orchestra dai papillon rossi continua a pizzicare note, a volte quelle di Armando Trovajoli, altre quelle swing che tanto piacciono all’attore, restituendo al pubblico di vecchio corso i tormentoni di una vita. Allora capita anche di sentire voci in platea ad anticipare le battute. Piccole cose come questa indicano in maniera precisa i posti segreti nei cuori del pubblico. Lì dove si raggomitolano i numeri di un grande attore capace di farti ridere sempre e comunque, e cosa ancor più rara, di prendersi scherno del mondo e del potere senza insultarli.

Decano del teatro con gli occhi di un ragazzo caciarone, l’attore romano non pago del suo Edmund Kean di questa estate al Globe Theatre sarà di nuovo in scena con Cavalli di Battaglia anche il 31 dicembre. Un capodanno col botto, direbbe lui. E chissà cosa s’inventerà galoppando a modo suo verso capodanno. Gli americani hanno avuto il loro cavallo di razza John Wayne, noi invece godiamo accontentandoci, si fa per dire, del nostro Gigi Proietti.

Foto Marco Borrelli

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