Attacca frontalmente la Banca d’Italia, rompe con il premier Gentiloni sulla nomina di Ignazio Visco e non manda i “suoi” ministri al cdm convocato per l’investitura del governatore di Palazzo Koch. Intanto il partito perde anche un altro pezzo di sinistra, il presidente del Senato Piero Grasso, nel silenzio pressoché completo dei suoi vertici. Da una parte Matteo Renzi che prosegue nella sua battaglia personale in vista delle politiche, dall’altra lui: Marco Minniti. E’ il ministro dell’Interno in questo momento a tenere insieme i cocci di quel poco che resta di sinistra all’interno del Partito Democratico. Nella conferenza programmatica in corso a Napoli, l’uomo che nella narrazione del governo ha ridotto i flussi migratori dal Nord Africa traccia la rotta a pochi mesi dalle elezioni su due temi di cui nei discorsi del segretario si sono perse le tracce: lo Ius soli e i rapporti con i partiti alla sinistra del Pd.

“L’adesso è lo Ius soli – premette il capo del Viminale dal palco del museo di Pietrarsa – da qui dobbiamo prendere l’impegno solenne di approvarlo in questa legislatura. Non è una legge sull’immigrazione ma sull’integrazione, sono due cose radicalmente diverse. Un grande partito di fronte a una legge di principi si batte, decide, convince. L’unica cosa che un grande partito non fa è rinunciare: noi non rinunceremo”. “Abbiamo avviato una nuova fase di politiche dell’immigrazione – entra ancor più nell’argomento – su questi temi l’ambizione deve essere non solo parlare a coloro che la pensano come noi”. “Il Pd non può pensare di esorcizzare la paura. La differenza tra noi e i populisti è questa. Noi siamo accanto a coloro che hanno paura. I populisti vogliono tenerli incatenati alle loro paure”, aggiunge.

Contemporaneamente il richiamo è a tenere lo sguardo rivolto a sinistra (ovvero a non rinchiudersi entro gli angusti confini del renzismo): “Quello che abbiamo fatto al governo non l’abbiamo fatto da soli. Dobbiamo ripartire dai risultati che abbiamo ottenuto: deve partire la sfida unitaria non con piccole diplomazie tra partiti o persone. La sfida è lavorare insieme oltre i confini del Pd, per costruire una grande alleanza, governare l’Italia, battere la destra e sconfiggere definitivamente i populismi”.

“Dobbiamo trasmettere una grande passione unitaria“, scandisce l’ex capo dei servizi facendo da contraltare all’atteggiamento con cui il segretario ha gestito i contrasti con quella che fu la sinistra dem. Ma serve anche, e qui Minniti si rivolge a chi nel corso degli anni ha lasciato il Pd, una vocazione “non minoritaria“: “Se si ritira o ci si mette di lato rispetto alla sfida di governo, la sinistra perde se stessa. E questo il popolo della sinistra italiana non lo capirebbe e non lo perdonerebbe”. Perché “la sinistra senza la sfida del governo non esiste”.

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