Per ogni milione di persone che abitano in Italia, 1.500 muoiono a causa dell’aria che respirano. Il doppio della Francia, quasi il triplo della Spagna. A ottobre i pm 10, ovvero le “polveri sottili”, hanno sforato in più città italiane, per più giorni consecutivi, la soglia degli 80 mg/mc, mentre il valore standard è 50. A Torino come in altre aree urbane, la causa principale del particolato è il trasporto su strada. Le polveri fini sono dovute principalmente alle emissioni dei veicoli e, in percentuali ridotte, al consumo di freni, pneumatici e al risollevamento delle polveri depositate dallo stesso traffico.

Oltre a essere inquinante, il trasporto privato motorizzato è insensato, energivoro e inefficace: di fatto impedisce alla gente di muoversi. Le strade delle città sono intasate da auto riempite in media da 1,3 conducenti, che avanzano a passo d’uomo e limitano la mobilità anche dei mezzi pubblici. Si fanno nuove strade, e il traffico aumenta.

A cosa siamo dunque disposti a rinunciare? Alla vita o al più assurdo mezzo di trasporto mai inventato (le auto)? I piani dell’aria e le misure emergenziali si limitano a imporre giornate a targhe alterne, oppure divieti a Euro 3, ma non possono bastare. Occorrono limiti più severi, estesi progressivamente a tutti i diesel (come indica la petizione Greenpeace),

Occorre ampliare le zone pedonali e a traffico limitato non solo nei centri storici, ma anche davanti alle scuole. Una ricerca di Cittadini per l’aria, a Milano, evidenzia tassi di inquinamento pazzeschi dentro e davanti alle scuole. Legambiente, tra l’8 e il 15 marzo di quest’anno aveva effettuato una serie di campionamenti davanti a cinque plessi di Bologna. In quattro casi si sono registrati dati superiori al limite dei 50 microgrammi di polveri sottili per metro cubo.

Insieme allo smog, i nostri figli respirano inciviltà e indifferenza. Nella mia città, davanti alla scuola materna di mio figlio piccolo, in un vicolo chiuso, le auto posteggiano, svoltano, fanno retromarcia. Tutto per guadagnare qualche metro. Tutto ad opera di adulti validi e abili. Quante volte ho afferrato i miei figli per la giacca, mentre l’automobilista faceva retromarcia o svoltava senza vederli.

Davanti alla scuola elementare, i Suv passano a due metri dal portone dalla scuola, sollevando nuvole di polveri sottili, parcheggiando e spadroneggiando sui marciapiedi. Alle medie invece le auto parcheggiano sulla ciclabile. Alle superiori i motorini e le auto dei ragazzini neopatentati diventano simboli di virilità e indipendenza dei nuovi cittadini. Questa è Faenza, cittadina pianeggiante di appena 60mila abitanti, dove si potrebbe andare in bici ovunque. Per chi abita in campagna ci sono i pulmini scolastici o bus. Ma la stragrande maggioranza dei genitori, in tutte le scuole, accompagna i figli in auto.

Il “piano urbano della mobilità sostenibile” ha tempi lunghi, diplomatici, finora non ha previsto nessuna limitazioni ai veicoli davanti alle scuole, possono passarci tutti, compresi i famigerati diesel. E così i bambini continuano a respirare indifferenza e veleno.

Come associazioni ambientaliste, oltre al piedibus, stiamo attuando in collaborazione con le scuole e con il Centro di educazione alla sostenibilità (Ceas) un monitoraggio di chi arriva a scuola in modo sostenibile. I bambini che arrivano in bici, piedi o pulmino mettono una crocetta su un diario di classe e vengono premiati simbolicamente a fine anno in una festa scolastica e cittadina. E’ un incentivo e un ringraziamento, perché i ragazzi capiscano che la scuola non è fine a se stessa, non punta solo ai voti, alle materie e al profitto, ma anche valorizza i comportamenti rispettosi dell’ambiente. Perché i bambini non sono solo allievi, “vasi da riempire”, ma in primo luogo cittadini attivi e responsabili.

A Casalmaggiore (CR) il comitato Slow town ha proposto e realizzato, con fondi privati, la Tangenziale dei bambini, cioè una serie di percorsi sicuri, ciclabili e pedonali che collegano l’argine del Po al centro storico, alla scuola, alla biblioteca e ad altri punti importanti della città.

Occorre più impegno, da parte degli amministratori, affinché le città possano essere sostenibili, a misura di essere umano, a misura di bambino e non solo a immagine e somiglianza dell’auto. Occorre un cambiamento culturale, a partire da noi stessi, dalla prima azione che compiamo uscendo dal portone di casa. Entrare in auto o inforcare la bici.

Facciamo capire ai nostri figli quali sono i nostri valori, le nostre priorità.

A cosa siamo disposti a rinunciare, e cosa non vogliamo perdere?

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