Il Parlamento catalano ha deciso: sì all’indipendenza. La risoluzione che sancisce la nascita della Repubblica catalana è stata approvata a scrutinio segreto dai deputati del Parlament di Barcellona con 70 voti favorevoli, 10 contrari e 2 schede bianche. L’opposizione unionista non ha partecipato al voto, abbandonando l’aula prima che lo scrutinio cominciasse.

Il voto al Parlament –  Un boato dentro e uno fuori dall’assemblea di Barcellona. Non appena Carme Forcadell, presidentessa del parlamento catalano, ha finito di scandire ad alta voce la sfilza di “sì” e i pochi “no” e schede bianche, annunciando la vittoria degli indipendentisti, i deputati sono esplosi in un applauso. I parlamentari in piedi hanno cantano l’inno nazionale Els Segadors, urlando Visca Republica, viva la Repubblica. L’esplosione di gioia dei deputati è stata seguita subito da quella delle migliaia di persone raccolte fuori dall’assemblea.

La plenaria, convocata per mettere ai voti la risoluzione presentata dagli indipendentisti di Junts pel Sì e Cup, era cominciata con l’ingresso di 200 sindaci catalani in aula a sostegno della risoluzione. Questa, firmata lo scorso 10 ottobre, prevede la proclamazione della Repubblica catalana “come stato indipendente e sovrano di diritto democratico e sociale”. Al momento del voto della mozione, come già annunciato, il fronte unionista ha abbandonato l’aula. I deputati di Ciudadanos, Partito socialista catalano e Partito popolare catalano si sono alzati e hanno lasciato i loro seggi nel Parlament. Prima di andarsene, i membri del Ppc hanno protestato contro il voto esponendo sugli scranni bandiere spagnole e catalane. Il fronte indipendentista ha chiesto, e ottenuto dall’assemblea, di procedere con lo scrutinio segreto.

Prima del voto, i media locali hanno riferito che la Procura dello Stato spagnolo era pronta ad incriminare per presunta “ribellione” il presidente catalano Carles Puigdemont se solo questi avesse messo ai voti la risoluzione. Il leader di Barcellona, secondo le stesse fonti, rischia fino a 30 anni di carcere.

La reazione di Barcellona – Nell’atrio del palazzo del Parlamento si è tenuta una breve cerimonia: Puigdemont ha invitato il popolo della Catalogna a difendere il paese “nelle ore che vengono”, restando “sul terreno della pace, del civismo e della dignità. Come è sempre stato e continuerà”. Le centinaia di deputati e sindaci presenti hanno risposto gridando llibertat e intonando l’inno nazionale. All’esterno, migliaia di persone si sono radunate per festeggiare la proclamazione della Repubblica catalana. Circa 12mila erano già scese in piazza prima, per seguire la votazione in diretta. Su Twitter il vicepresidente catalano Oriol Junqueras ha esultato: “Sì. Abbiamo guadagnato la libertà di costruire un nuovo paese“.

L’assemblea catalana ha convocato a partire dalle 18 la vera “Festa per la proclamazione della Repubblica”. Secondo la Guardia urbana circa 6mila persone si sono radunate in piazza Sant Jaume a Barcellona per celebrare la dichiarazione d’indipendenza unilaterale. La folla attende anche di sapere se arriverà anche Puigdemont. Nel frattempo la bandiera spagnola, già tolta dalla facciata del Parlament subito dopo il voto, è stata ammainata su diversi edifici pubblici in più città della regione. La bandiera gialla e rossa è scomparsa, tra gli altri, dai municipi di Girona, Tortosa, Figueres e Lleida.

Le parole del premier Rajoy – In mattinata il premier spagnolo Mariano Rajoy aveva chiarito che Madrid prosegue sulla strada del commissariamento della Catalogna. “Non c’è alternativa, convocheremo elezioni entro sei mesi – ha dichiarato il primo ministro – La scelta di applicare l’articolo 155 della Costituzione è una soluzione eccezionale per una situazione eccezionale”. Questo, infatti, non è solo il giorno del voto sull’indipendenza al Parlament. Oggi anche il Senato spagnolo si riunisce per decidere se approvare o meno il provvedimento nei confronti della Catalogna.

L’articolo 155, a cui la Spagna non è mai ricorsa prima, prevede il commissariamento di una comunità autonoma nel caso questa “attenti agli interessi generali della Spagna o del Governo”. “Potevamo adottare l’articolo 155 quando è stato indetto il referendum e non è stata rispettata la sentenza della Corte Costituzionale che lo vietava – ha detto Rajoy, accolto dal Senato con un lungo applauso – Non siamo intervenuti nella speranza che le cose si risolvessero, ma così non è stato”. Durante il suo discorso, il premier ha sostenuto che per bloccare il provvedimento sarebbe stata sufficiente “una rinuncia esplicita, mantenere il comportamento proprio di qualsiasi democrazia”. Poi l’attacco a Carles Puigdemont, presidente della Catalogna: “È l’unico responsabile dell’adozione dell’articolo 155. La sua apparizione davanti al parlamento regionale per confermare il voto del referendum è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”. Una decisione che Rajoy sostiene di aver preso in difesa della Catalogna: “Il commissariamento serve ad evitare che si abusi della regione e dei suoi cittadini. Le continue scelte del parlamento catalano hanno calpestato le minoranze con le loro decisioni antidemocratiche, contrarie alla legge e ai valori spagnoli ed europei”.

Con l’attivazione dell’articolo, assieme al president Puigdemont saranno destituiti Junqueras, vicepresidente del parlamento, e tutti i ministri dell’esecutivo catalano: “Un governo non può assistere imperterrito a un avvenimento quale questo. Dobbiamo ricorrere alla legge per far rispettare la legge, c’è stata una violazione dei diritti di tutti. Questa decisione ci permetterà di tornare alla legalità, ristabilire la fiducia e assicurare la crescita economica”. Secondo il primo ministro spagnolo, l’autodeterminazione della Catalogna non sarebbe accettata nemmeno dalle istituzioni europee: “Non avrà mai il sostegno dell’Unione europea, va contro i principi i valori dell’Europa”. A rispondere al discorso del premier è stata la senatrice Maria Cortez, esponente della sinistra repubblicana catalana (Erc), che ha concluso l’intervento gridando “Viva la Repubblica!”.

L’attivazione dell’articolo 155 è abusiva e ingiusta – aveva dichiarato Puigdemont al Palau de la Generalitat di Barcellona – Avrei indetto le elezioni se vi fossero state le garanzie, ma queste garanzie non ci sono”. Negli giorni scorsi il parlamento catalano si era diviso tra chi spingeva per le elezioni, anche per scongiurare il commissariamento di Madrid, e chi chiedeva la dichiarazione d’indipendenza.

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