Aveva perso il lavoro e la moglie era stata ricoverata da alcune settimane perché depressa. A casa i loro quattro bambini: tre maschi e una femmina, che il padre accudiva. Ma questa mattina l’uomo, 49enne di origini marocchine, ha deciso di appiccare il fuoco nel loro appartamento a San Fermo della Battaglia, in provincia di Como. Un alloggio del Comune, perché la famiglia, in una situazione di evidente difficoltà, era seguita dai servizi sociali. Quarto e ultimo piano di una palazzina: i soccorritori hanno trovato “il papà e i quattro figli distesi sul letto matrimoniale” a cui erano stati aggiunti altri due materassi. Lui è morto intossicato dal fumo, così come il bimbo di 11 anni e le due sorelline di 6 e 3 anni. L’unica sopravvissuta è la bimba di cinque, che è stata trasportata all’ospedale Buzzi di Milano in gravissime condizioni: è morta in serata nonostante i tentativi si salvarle la vita. Le vittime, a quanto riferiscono i soccorritori, non presentavano segni di bruciature. La madre dei piccoli, assistita da psichiatri e psicologi dell’ospedale Sant’Anna, ha fatto visita alla camera ardente dell’ospedale dove si trovano i corpi di due dei suoi figli.

“Non era in condizioni di dire qualcosa ma solo di piangere”, ha detto il sindaco di Como Mario Landriscina. “Questa è una storia di miseria da tutti i punti di vista che si conclude nel modo peggiore possibile. Si cercava di dare un sostegno ai loro bisogni”, ha continuato il sindaco. “Sicuramente faremo tutte le azioni possibili per sostenere una famiglia distrutta”, ha aggiunto, spiegando che il Comune è pronto a occuparsi delle esequie e sta pensando al lutto cittadino. “Ci faremo carico della donna che paga un conto altissimo – ha assicurato -. Certo non può tornare in quella casa”. All’interno dell’appartamento è stato ritrovato del materiale accatastato, cosa che avvalora l’ipotesi della volontarietà dell’incendio.

“In casa molti giornali vecchi” – E dentro l’appartamento “c’erano molti giornali vecchi, che il papà aveva accumulato nell’ultimo periodo”. A dirlo è stato il vicino di casa Reza Nassiri, 52 anni, ingegnere di origine iraniana da 17 anni in Italia, che questa mattina con un altro condomino è stato il primo a cercare di prestare soccorso alla famiglia. “Avevo già notato queste pile di giornali nei giorni scorsi – ha detto l’uomo – e poi questa mattina quando abbiamo buttato giù la porta li ho visti”. “Intorno alle 7.30, quando mio figlio è partito e l’ho accompagnato, non c’era odore di fumo per le scale del palazzo ed era tutto tranquillo. Intorno alle 7.45, quando sono tornato, ho capito che stava succedendo qualcosa, sono salito all’ultimo piano e ho visto il fumo uscire dalla porta. A quel punto con un altro vicino l’abbiamo presa a calci e abbiamo dato dei colpi con una pala, ma quando siamo entrati in casa era troppo tardi”.

E Agnes, amica di famiglia le cui figlie frequentavano lo stesso asilo della bimba sopravvissuta, spiega: “So che la famiglia era in difficoltà economiche tanto che in alcune occasioni io stessa ho portato loro dei generi alimentari e 12 litri di latte: lui si mise quasi a piangere. Lui si dava da fare tantissimo – dice ancora Agnes che abita poco più avanti – cercava di lavorare in tutti i modi, da quando con la sua attività le cose andavano male. Io non so molto di loro ma so che già nel giugno scorso quando ho invitato i suoi figli a una festicciola delle mie bambine lui mi disse che la moglie era ricoverata. So anche che aspettava la risposta di un giudice, ma non so bene su cosa esattamente. All’asilo, però, le maestre chiedevano sempre alla bimba come andasse a casa, perché tutti sapevano che la famiglia era in grosse difficoltà“.

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