Il mestiere dello scrittore è piuttosto strano, generalmente prevede che tu passi intere giornate in casa, isolato, provando a tirare dei fili che dovrebbero poter arrivare a più gente possibile, complice la fantasia. Quasi un controsenso in termini, isolarsi per cercare una via comunicazione col mondo, che può a volte avere delle eccezioni, nel momento in cui lo scrittore decide, hemingwayanamente, di andare a vivere in prima persona le storie che intende raccontare. Eccezione nell’eccezione, quando lo scrittore si trova a raccontare non solo una propria esperienza, ma una propria esperienza eccezionale, o il suo aver preso parte a un evento eccezionale.

Questo è successo, e “Vasco Mondiale al Modena Park- La tempesta perfetta” prova a raccontare il più grande concerto a pagamento al mondo di un singolo artista dal punto di vista dei due autori, Vasco Rossi e mio, che ora mi trovo a raccontarvi in poche righe questa esperienza. Per chi vive di parole non c’è niente di più frustrante della consapevolezza che basta un numero a vanificare ogni proprio sforzo di dire l’essenza di un fenomeno. Ma l’idea che il primo luglio 2017 duecentotrentamila persone siano accorse da ogni angolo d’Italia per rendere il parco Enzo Ferrari di Modena location dell’evento epocale della musica italiana è più forte di qualsiasi frase. Duecentotrentamila persone. Provate a pensarle. Provate poi a pensare di radunarle in un posto altrimenti considerato periferico, radunateli senza problemi, a pochi giorni dalla strage di Manchester al concerto di Ariana Grande e a un mese dai tristi fatti di Torino.

Fateli entrare ordinatamente in un parco, sottoposti a controlli certosini, fateli stare tutto il giorno sotto il sole, magari, sempre più assiepati. Ecco, provateci, e provate a pensare cosa sia stato tutto questo per Vasco, nato a Zocca, neanche cinquemila abitanti, e ora rockstar italiana per antonomasia. Questo è stato Modena Park, e molto altro. Una impresa epica, degna di un eroe greco o latino, così ho provato a raccontato al alternando le mie sensazioni, i miei appunti, il mio reportage, alle parole di Vasco, partendo da quando Modena Park era solo una intuizione, via via, fino all’ideazione della scaletta, alla partenza dell’organizzazione logistica, di quella tecnica, alla costruzione di una nuova struttura per la vendita dei biglietti, dopo il casino del secondary ticketing. Una avventura epica.,una grande festa che ha visto una folla oceanica cantare, ballare, commuoversi, tutti guardati in faccia, uno per uno, da Vasco. Modena Park. Il libro, corredato da tantissime foto inedite, è il documento di un evento unico, il racconto fedele e emozionale di un grande evento sociale e artistico.

Duecentotrentamila persone che danno vita a una messa laica. Anzi, duecentotrentamilaeuno persone. Anche se… “Io quando sono sulle scalette che portano il palco comincio a sentire tutta l’energia che mi manderete addosso, l’energia che poi io devo essere in grado di rendervi durante il concerto, ma sento anche paura, molta paura. Non me ne vado solo perché non posso farlo, se no scapperei lontano.”

Ma Vasco poi quelle scalette le sale sempre tutte e ogni volta è una festa, a Modena Park una festa esagerata. E siccome a far festa ci si trova bene, ieri, incontrando un gruppo selezionati dei suoi fan a Bologna, per presentare il libro e il film che Pepsy Romanoff, regista anche dell’impianto visivo del Modena Park porterà nei cinema a dicembre, Vasco ha annunciato bruciando tutti i rumors, le prossime date, quelle del l’atteso VascoNonStop Tour 2018. Sette date, ha detto, su cinque città: Torino, Padova, Roma, Bari e Messina. Data zero non ad Ancona, ma a Lignano. “Niente Milano, perché,” ha detto, “è l’assenza a alimentare il desiderio.
Che ci attenda un 2019 da record con cinque, sei San Siro di fila?

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