Attualità

Asia Argento, “Slate” contro la stampa italiana che “incolpa le vittime”

Un articolo a firma di Marissa Martinelli sottolinea come i media del nostro Paese sembrino difendere più i presunti colpevoli che le dichiarate vittime

di Davide Turrini

La stampa italiana si accorge degli scandali sessuali di Hollywood, ma sembra difendere più i presunti colpevoli che le dichiarate vittime. Non è privo di tono polemico l’articolo che il sito web Slate dedica all’attenzione massiccia della stampa italiana riguardo al caso Weinstein. Soprattutto quando dà conto di come viene trattata l’attrice Asia Argento, colpevole di aver atteso vent’anni per denunciare molestie e violenze subite. Tanto da coniare un termine ad hoc, “victim-blaming”: incolpare le vittime.

Nell’introduzione del pezzo a firma di Marissa Martinelli si segnalano le numerose pubblicazioni dedicate al “presunto ruolo nello scandalo” di Fabrizio Lombardo, l’ex capo Miramax Italia che secondo le accuse della Argento nel 1991 l’avrebbe condotta di persona ad un “party Miramax” che poi rivelò un tete à tete con Weinstein in una stanza d’albergo con l’imposizione di sesso orale. Mentre la stampa statunitense in un primo momento si era occupata di Matt Damon che secondo la giornalista Sharon Waxman, nel 2004 cronista del New York Times, aveva fatto pressione sui redattori del quotidiano newyorchese per difendere Lombardo e Weinstein, i giornalisti italiani “hanno immediatamente azzerato il ruolo dell’ex capo della Miramax Italia e il suo presunto coinvolgimento”. Addirittura, segnala il sito web Usa, nell’intervista fatta da Vanity Fair Italia a Lombardo (“un’intervista fatta di persona, durante la quale era a disposizione il suo avvocato Bruno Della Ragione”) la giornalista definisce l’intervistato come “un uccellino spaventato”.

Invece la stampa italiana sembra andare a nozze nel colpevolizzare le vittime. Asia Argento è finita infatti nell’occhio del ciclone di diversi editorialisti. Slate segnala il commento di Renato Farina su Libero intitolato “Prima la danno poi frignano e fingono di pentirsi”, riportando però in modo errato una frase che nell’articolo non appare ma è scritta nel catenaccio “cedere alle avances del boss per fare carriera è prostituzione non stupro”, e la foto provocatoria usata per corredare l’articolo con l’attrice mezza nuda in atteggiamento sessualmente sboccato dal film Go go tales. Anche se a caricare l’attacco alla “vittima” Argento ci ha pensato il direttore di Libero, Vittorio Feltri, che come segnala Slate ha “sminuito” la molestia di Weinstein alla Argento (“era solo una leccatina”), sostenendo che poteva anche non prestarsi: “Altre si sono rifiutate e invece di fare la parte di un piccolo film sono finte a fare le commesse o le cassiere in un supermercato”.

Slate non risparmia però i commenti duri sui social contro la Argento “dell’ex politico” Vladimir Luxuria “che ha chiesto alla Argento perché ha continuato a lavorare con Weinstein dopo la violenza”, e quello di Selvaggia Lucarelli che “ha esposto lo stesso dubbio” ricordando su Facebook che la Argento aveva “firmato una petizione per il rilascio di Roman Polanski nel 2009, dopo che era stato arrestato per aver fatto sesso con una minorenne non consenziente”.

Infine Slate pubblica uno dei tweet dell’altra accusatrice “italiana” di Weinstein, Ambra Battilana: “Solo in Italia le vittime vengono giudicate e messe in discussione. Soprattutto quando vai contro i titani”. “La Battilana ha in particolare ricordato come era stata ingannata negli anni precedenti della stampa italiana, quando era stata nominata ‘bunga bunga girl’ per aver parlato contro Berlusconi. Ma la ‘colpevolizzazione della vittima’ non è un’istituzione soltanto italiana (…) dopo le accuse della donna il New York Post ha pubblicato una storia anonima dove si dice che lei ha tentato di sfruttare la sua accusa contro Weinstein per procurarsi un ruolo cinematografico”.

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