di Giulio Scarantino 

Cosa si prova? È un insieme di sensazioni, di emozioni che si mescolano. Un po’ come quando ti innamori forse. Quando la passione, il desiderio di abbandonarsi si mescolano con sensazioni opposte come la paura e il pudore. Forse è così, tutte le emozioni più significative non sono mai autentiche, integrali, ma sono il mescolarsi di tante in una sola che non puoi definire, perché non hanno un nome: è semplicemente vita, la tua vita.

Forse è un po’ così quando, senza attrezzatura, scalo le montagne. Pensi di non arrivare, di non farcela questa volta. Il pensiero ti pietrifica, ti paralizza: è come una scossa che ti scuote facendo tremare tutto il corpo ma nello stesso tempo, nel momento più difficile, è la stessa che ti spinge ancora più su. Qualche metro più avanti. Quando sei in alto l’aria è pulita: respiri e il solo respirare – che nella nostra quotidianità rappresenta l’ovvio – torna ad essere meraviglia, stupore.

Quando sei su, getti un urlo che parte dalle caviglie e arriva fino alla punta, ormai quasi insensibile, del tuo naso. È un brivido che ti percorre e che senti con il substrato dei tuoi sensi. Quelli che si articolano per tutto il corpo per giungere nell’esatto punto in cui trovano riposo: all’angolo degli occhi, dove qualche goccia con un po’ di pudore si annida. Allora urli, piangi, ridi, tutto si mescola in una sensazione che esplode in silenzio, profondo silenzio: il silenzio che più o meno si avvicina a ciò che definirei libertà.

Non abbiamo idea di cosa sia la libertà quando siamo giù. Credo sia essere in pace con se stessi, con la vita. Essere in pace con la vita significa potersi guardare attorno da 4000mila metri e sentirsi piccolo, minuscolo, ma nonostante ciò non averne paura. Sentirsi parte di quella maestosità e accettarne il ruolo: un istante in tutto l’universo, un istante che è infinito come i secondi che precedono un bacio sulla riva del mare. Quei baci che ti liberano e ti fanno sentire, finalmente, parte.

Credo che un lungo pezzo della mia montagna, un pezzo non sufficiente ma di sicuro necessario per arrivare alla meta, è stato smettere di fumare. Un parte ripida che è solo l’inizio per raggiungere quella libertà che è pace con se stessi, con il mondo attorno. Il primo passo è stato di certo scegliere. Sì, perché spesso ad essere difficile non è solo intraprendere e percorrere questa strada, è difficile riconoscerla. È difficile pensare che questa strada sia necessaria, è difficile abbandonare l’idea che questa strada oltre ad essere tortuosa sia anche solamente  un superfluo allungare verso la meta. È difficile capire che in realtà è l’unica via per arrivare alla meta: la libertà.

Perché smettere di fumare è così importante? Non potevo capirlo prima. Adesso sì. Perché adesso non è prima. Decidere di smettere fumare è in realtà un atto di fiducia a ciò che sarai dopo.
Smettere di fumare, adesso ho capito, significa liberarsi dalla dipendenza. La dipendenza è rendersi schiavi, è un offesa all’intelletto, è maltrattare la propria libertà. Venir meno all’unica regola che ci distingue dagli animali: non essere schiavi dell’istinto ma decidere autonomamente. Quella regola che ci rende uomini: non essere schiavi.

Il blog Utente Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’abbonamento Sostenitore e diventando membri del Fatto social club. Tra i post inviati Peter Gomez e la redazione selezioneranno quelli ritenuti più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio.

Se vuoi partecipare sottoscrivi un abbonamento volontario. Potrai così anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione, mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee, sceglierai le inchieste che verranno realizzate dai nostri giornalisti e avrai accesso all’intero archivio cartaceo.

Articolo Precedente

Romics 2017, una kermesse sempreverde

next
Articolo Successivo

Il Sessantotto è morto, viva il Sessantotto / 2° parte

next