Il senatore Antonio Caridi politico di riferimento di tutti i clan. In sostanza dice questo il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria che, dopo il rinvio di febbraio della Cassazione, nell’aprile scorso ha confermato l’ordinanza di arresto nei confronti del parlamentare di Gal, imputato del processo “Gotha che vede alla sbarra la “componente riservata” della ‘ndrangheta reggina.

Leggendo le motivazioni dei giudici, esce fuori un senatore nei confronti del quale la Direzione distrettuale antimafia ha “gravi e concordanti indizi di colpevolezza che lo inquadrano al servizio della ‘ndrangheta unitariamente intesa, con un ruolo di partecipe, dato che egli è consapevole e prende parte ad un più ampio piano criminale ideato da Paolo Romeo, che prevede la collocazione nelle istituzioni di uomini disposti a seguire le sue direttive”. Direttive che, se non fossero state rispettate, portavano alla pronta eliminazione “dal circuito politico”. Il Riesame, a questo punto, ricorda una delle intercettazioni di Paolo Romeo che, nel 2002, aveva prospettato questa fine per l’ex sindaco di Reggio e governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, in caso questo “avesse inteso fare il ‘podestà’”.

“Se fa il podestà…. – erano state le parole dell’ex parlamentare del Psdi Romeo, ritenuto una delle due menti della ‘ndrangheta reggina – sennò, un altro anno votiamo pare che si… quando muore un sindaco… può morire anche politicamente”. “Per i soggetti che si fossero ben comportati – è scritto sempre nella sentenza – era prevista una sicura ascesa politica come di fatto accaduto nel caso di Caridi, eletto nel 2013 senatore della Repubblica”.

A quest’ultimo non è mai stato contestato il reato di scambio politico mafioso. Ma questo, puntualizzano i giudici, “non inficia affatto il quadro probatorio”. Piuttosto, “l’appoggio elettorale fornito dalle cosche è solo un elemento del più ampio quadro indiziario, che configura perfettamente l’adesione e la partecipazione di Caridi ad un sodalizio criminale che può essere indifferentemente inteso come quello facente capo alla direzione organizzativa e strategica della cupola, ovvero alla ‘ndrangheta federata unitariamente intesa, che d’altra parte dello stesso insieme criminale”.

Per spiegare “il compiacente mettersi di Caridi a disposizione delle diverse cosche”, i giudici utilizzano “le parole di Valentino Giuseppe”, l’ex sottosegretario alla giustizia: “Era necessario ‘onorare la cambiale’ come dimostrano gli episodi di raccordo con le cosche De Stefano, Pelle, Raso-Gullace-Albanese”.

In sostanza, tanto per la Dda che per il Tribunale del Riesame, il senatore Caridi è uno di quei “soggetti che prestano in maniera disinvolta il loro contributo ora ad uno e ora all’altro sodalizio criminale, potendo risultare utili agli interessi di ognuno senza necessariamente contrastare quelli di altri gruppi di ‘ndrangheta”. Famiglie mafiose tra le quali “vige un momento di sostanziale accordo”. In altre parole, gli interessi dei clan “possono essere perseguiti senza contrapporsi, traendo anzi, un reciproco vantaggio dall’operare unitariamente”.

A pesare sulla posizione del senatore Caridi, infine, ci sono anche le dichiarazioni del sottosegretario regionale Alberto Sarra (ex An), oggi imputato assieme a lui nel processo “Gotha”, nato dalle inchiesta del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dei pm Stefano Musolino, Roberto Di Palma e Walter Ignazitto. Durante l’interrogatorio di garanzia, infatti, il “coindagato Sarra, riferiva che ‘tolto Paolo Romeo dal panorama politico reggino (l’avvocato ex parlamentare era già stato condannato per concorso esterno con la ‘ndrangheta, ndr) le figure come Giuseppe Scopelliti (l’ex governatore, ndr), Umberto Pirilli (ex presidente della provincia ed ex europarlamentare, ndr), Pietro Fuda (ex presidente della Provincia ed ex senatore, ndr), Giuseppe Valentino (ex sottosegretario alla giustizia, ndr) e Stefano Caridi non sarebbero esistite’”.

Articolo Precedente

Antimafia, De Raho indicato dal Csm come nuovo capo della Procura nazionale

next
Articolo Successivo

Aemilia, il pentito: “Incontro dal prefetto con Delrio? Era strategia delle cosche”. E cita la moglie del sindaco di Reggio Vecchi

next