C’è chi si esalta al grido di “chi non salta comunista è“, chi tesse le lodi del giovane candidato raccontando che”fa la spesa alla gente in difficoltà”, chi non vuole sentire pronunciare la parola mafia. Lui, invece, si scalda quando nomina il pesantissimo cognome dei Mazzei e quando attacca i “giornalisti ciarlatani“, “finti magistrati” che emettono “sentenze a loro piacimento”. Eccolo qui Riccardo Pellegrino, giovane consigliere comunale di Catania in corsa alle elezioni regionali con Forza Italia, nella coalizione che sostiene il candidato governatore Nello Musumeci.

Fino all’ultimo il suo nome è stato in bilico. Alla fine, però, è riuscito a farsi confermare nella lista dei candidati del partito di Silvio Berlusconi. E sabato ha aperto la sua campagna elettorale a San Cristoforo, il suo quartiere d’origine che alle ultime amministrative gli ha permesso d’incassare quasi 700 preferenze. “Mi ha aiutato tantissimo il presidente Micciché per questa mia candidatura, ma anche gli uomini di partito sia regionali che nazionali”, dice Pellegrino, diventato negli ultimi giorni l’emblema dei candidati cosiddetti “impresentabili” alle regionali del prossimo 5 novembre.

Il motivo? Sulla sua posizione pesava l’indagine, poi archiviata, per voto di scambio politico-mafioso, nata dalla relazione della commissione antimafia regionale presieduta proprio da Nello Musumeci. Lo stesso candidato governatore che adesso prenderà anche i voti di Pellegrino. E dire che prima di cambiare idea, Musumeci evidenziava in quel documento “i rapporti di parentela con soggetti condannati per mafia” dello stesso Pellegrino. Suo fratello Gaetano, infatti, è conosciuto come “u funciutu”: è imputato per associazione mafiosa e condannato per estorsione. Un legame familiare che aveva fatto storcere il naso allo stesso Musumeci. “Musumeci comanda a casa sua non in Forza Italia“, sottolinea, però, l’aspirante consigliere regionale dopo aver incassato il sostegno del suo partito.

Ma non solo. Perché sul consigliere forzista si è espresso negli ultimi giorni anche Claudio Fava, candidato governatore dei bersaniani e di Sinistra Italiana, che ha convocato una conferenza stampa per ricostruire alcuni episodi passati di Pellegrino. Come quando, nel 2014, si presentò nella redazione catanese di livesicilia.it accompagnando Carmelo Mazzei, figlio del boss latitante Nuccio Mazzei. “‘Disse: io sono il figlio del signor Mazzei di cui parlate sul giornale, del latitante – ha raccontato Fava – Dall’intercettazione ambientale su quell’incontro, disposta dai magistrati, si apprende che Riccardo Pellegrino è “orgoglioso” di vivere nel quartiere catanese di San Cristoforo, regno del clan Santapaola, ma si lamenta perché adesso ci sarebbe solo la piccola criminalità mentre se in campo ci fossero state persone di spessoremafiosi, tutto questo manicomio non c’era”.

Un cognome, quello dei Mazzei, che Pellegrino cita anche dal palco di piazza a San Cristoforo. “Mi sento in dovere di citarlo – grida a gran voce – ha riscattato il suo quartiere intraprendendo la strada del sacerdozio, sono orgoglioso di essere un suo amico”. L’amicizia tra Pellegrino e Mazzei è nata frequentando l’Istituto Salesiano di via Madonna delle Salette. Un rapporto che ha fatto discutere, visto che Mazzei, seppur incensurato e studente di teologia, è pur sempre il figlio di uno dei boss principali di Cosa nostra a Catania. Dettagli che però agli elettori di Pellegrino sembrano non interessare. Per loro è “un bravo ragazzo” che “aiuta la gente in difficoltà” comprando loro “la spesa” e “i medicinali”. “Hanno infangato mio figlio – spiega al fattoquotidiano.it la madre Angela – non ha mai conosciuto persone mafiose, mio figlio ha avuto solo rapporti con la Chiesa”.

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