Am Investco non assorbirà nella nuova società più di 4.200 lavoratori dell’Ilva, facendosi carico di 9.930 dipendenti e 45 dirigenti attualmente impegnati tra la società principale del gruppo e le aziende controllate (Ism, Ilvaform e Taranto Energia). E chi resta avrà meno certezze del passato perché dovrà rinunciare alle tutele dell’articolo 18, essendo riassunto con il Jobs Act, e vedrà svanire il contratto integrativo. È tutto scritto nel documento inviato dall’Ilva – che lo giudica “punto di partenza” – ai sindacati, in vista dell’inizio del tavolo di contrattazione al ministero dello Sviluppo con ArcelorMittal e Gruppo Marcegaglia, cui a giugno il governo ha aggiudicato le fabbriche dei Riva.

I tagli: Genova più colpita, a Taranto 2.900 a casa
Nelle otto pagine spedite alle sigle sindacali sono scritti nel dettaglio i numeri degli esuberi, stabilimento per stabilimento. I tagli colpiranno soprattutto Genova, con un calo netto del 40% della forza lavoro nell’impianto di Cornigliano che passerà da 1.499 impiegati a 900, e il siderurgico di Taranto, dove gli esuberi previsti sono 2.900 con una sforbiciata pari al 28% dell’attuale forza lavoro, composta da 10.500 persone tra operai e quadri. A questi numeri si aggiungono i dipendenti francesi delle società Socova e Tillet che rientrano nel perimetro del gruppo.

Addio all’articolo 18: tutti riassunti con Jobs Act
Altri particolari del documento inviato dai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria e dalla nuova proprietà fanno dire ai sindacati che si è arrivati al redde rationem: i 9.930 dipendenti vedranno scomparire le tutele dell’articolo 18 e verranno riassunti con Jobs Act, oltre a rischiare di perdere il contratto integrativo del quale attualmente godono. Nel documento di Am Investco si legge infatti che “non vi sarà continuità rispetto al rapporto di lavoro intrattenuto dai dipendenti con le società, neanche in relazione al trattamento economico e all’anzianità”, pur sottolineando la disponibilità “a prendere in considerazione ulteriori elementi di natura retributiva riferibili ad elementi costituenti l’attuale retribuzione a condizione che sia preservata la sostenibilità del Piano industriale”, recentemente approvato con un decreto della Presidenza del consiglio. Una mossa, l’aggiramento della continuità contrattuale e l’eliminazione delle antiche tutele, che potrà tornare utile anche nel taglio di altri mille dipendenti previsto dopo la messa a regime degli impianti.

Fiom Genova: “Occupiamo la fabbrica”
I 4.200 esuberi, come assicurato dal governo negli scorsi mesi, saranno impiegati nelle attività di ambientalizzazione del siderurgico di Taranto. Continueranno ad avere una retribuzione, ma con data di scadenza: al massimo nel 2023 il processo di ambientalizzazione sarà terminato. I lavori verranno svolti grazie al miliardo rientrato in Italia dopo il patteggiamento di Adriano Riva – oggi il gip di Milano ha respinto per la seconda volta l’istanza presentata da Fabio e Nicola – e ‘sorvegliati’ dall’amministrazione straordinaria guidata dai commissari Enrico Laghi, Corrado Carruba e Piero Gnudi. Parte dunque in salita la trattativa con i sindacati che inizierà il 9 ottobre a Roma. Le rappresentante sindacali di Genova annunciano già l’occupazione della fabbrica, dandosi appuntamento per lunedì mattina alle 5 davanti ai cancelli di Cornigliano: “È uno schiaffo alla città”, dice Armando Palombo della Fiom-Cgil genovese. E sono pronti a fermarsi, sempre lunedì, anche gli operai di Novi Ligure, Venezia e Racconigi. Il consiglio di fabbrica dell’Ilva ha proclamato 24 ore di sciopero per i lavoratori del siderurgico, dell’appalto e dell’indotto.

La linea della Fiom-Cgil è chiara: “Arcelor Mittal è totalmente inaffidabile e arrogante, non rispetta gli impegni assunti”, scrivono in una nota la segretaria generale Francesca Re David e il responsabile siderurgia Rosario Rappa. Sottolineando la perdita dell’integrativo e dell’anzianità che comporterà un “taglio salariale consistente e inaccettabile”, i rappresentanti della Fiom affermano che non ci sono le condizioni per aprire un tavolo negoziale: “L’azienda arriva ad ipotizzare anche l’assunzione in aziende esternalizzate controllate. Se questo è l’atteggiamento di Mittal nei confronti dei lavoratori diretti, il rischio è il massacro sociale dei lavoratori dell’indotto – scrivono – Lunedì prossimo ci presenteremo all’incontro convocato al ministero dello Sviluppo economico unicamente per conoscere cosa vorrà fare il governo di fronte a questa inaccettabile posizione assunta da Arcelor Mittal”.

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