Conta più sigle sindacali di quelle presenti in Alitalia (9 contro 8) pur avendo poco meno della metà dei dipendenti (6.885 contro 11.600), ma sarebbe sbagliato attribuire questo fatto a un’attitudine corporativa o, peggio, a una qualche mira spartitoria e di potere. La presenza di tante sigle rispecchia piuttosto il dinamismo intellettuale e la dialettica delle idee propria di una grande e prestigiosa istituzione qual è la Banca d’Italia e contribuisce ad arricchire il dibattito sul ruolo e sui compiti dell’istituto centrale in un momento delicato per Via Nazionale, che si trova sotto il fuoco incrociato delle critiche per non aver efficacemente vigilato sulle banche e con il governatore Ignazio Visco in scadenza di mandato.

A Palazzo Koch viene data come molto probabile la riconferma di Visco e c’è però anche un certo fermento, perché è indubbio che le recenti crisi bancarie – piaccia o non piaccia – hanno inferto un colpo all’immagine e alla credibilità dell’istituzione. Fortunatamente le risorse interne – anche intellettuali – non fanno certo difetto e da una delle nove sigle sindacali, il Sibc (Sindacato indipendente banca centrale), arriva la suggestiva proposta di “assumere compiti nuovi e all’altezza dei nostri tempi, che possiamo svolgere senza bisogno di leggi ad hoc”. Quali compiti il documento sindacale lo chiarisce fin dal titolo: “Per una nuova Banca d’Italia nuove funzioni: intelligence finanziaria”. Di cosa si tratti è presto detto: “L’informazione militare o civile (più nota con il termine inglese di intelligence) può essere definita come la raccolta e la successiva analisi di notizie e dati dalla cui elaborazione ricavare informazioni utili al processo decisionale militare, nonché a quello relativo alla sicurezza nazionale ed alla prevenzione di attività destabilizzanti di qualsiasi natura”.

Dalla definizione generale il Sibc passa alla disamina del caso concreto, ossia del fatto che l’Italia è da molto tempo territorio di conquista dei grandi gruppi francesi e di come ad esempio provengano da Oltralpe sia l’amministratore delegato della seconda banca italiana, Unicredit, sia “l’amministratore delegato del primo potentissimo gruppo assicurativo italiano (Generali) che da solo gestisce 600 miliardi di euro”. Il problema non è solo la Francia. Più in generale, spiega il Sibc, “le cronache finanziarie ci illustrano come questi intermediari non soltanto finanzino investimenti stranieri, utilizzando il risparmio italiano, ma proprio con il nostro risparmio gestito contribuiscano persino a finanziare operazioni di acquisizione da parte straniera di gioielli italiani”.

L’organizzazione sindacale osserva che occorre distinguere “tra chi investe i propri soldi in Italia o chi invece finanzia le proprie scorribande con i risparmi degli italiani” e chiede una riflessione seria “sull’eventualità che i gestori stranieri dei risparmi italiani decidano di spostare troppo risparmio all’estero: non sfugge, crediamo, che la grande recessione subita dall’economia italiana derivi anche da un deficit di investimenti, pubblici e privati, proprio in un Paese in cui il risparmio privato è così alto”. Di qui l’idea di dedicarsi all’intelligence:  il Sibc segnala infatti che “la Francia ha istituito un’unità di intelligence economica sin dagli anni ‘70”, mentre l’Italia “non sembra essersi dotata di strutture all’altezza di svolgere compiti necessari”. La Banca d’Italia dunque potrebbe assumere la “formale gestione, a livello nazionale, di una vera intelligence finanziaria”, anche perché “se ci guardiamo intorno – scrive sempre il Sibc – se guardiamo anche ad altre istituzioni pubbliche, non vediamo nessuno che possa anche lontanamente vantare le competenze e gli strumenti di cui disponiamo”.

Chissà se nei prossimi giorni e mesi questa proposta troverà un’eco nelle austere stanze dell’istituto centrale. Per il momento  nel Paese (e anche a livello sindacale) il clima non pare troppo favorevole a un’estensione di poteri e competenze di Via Nazionale, come dimostra anche l’uscita del segretario confederale della Uil Domenico Proietti:  “Banca d’Italia farebbe bene ad occuparsi della condizione del sistema bancario italiano, che tanti miliardi è costato e costa agli italiani, invece di intervenire su temi che non le competono”. Proietti si riferiva alla questione delle pensioni e all’invito di Palazzo Koch a non modificare la riforma Fornero, ma la sua dichiarazione interpreta abbastanza bene il sentimento che tanti italiani nutrono nei confronti di Bankitalia.

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