In altri tempi si sarebbe chiamato appoggio esterno. L’ultima scossa da Mdp al governo è sui temi economici, in particolare la nota di aggiornamento del Def, il Documento di economia e finanza: “Abbiamo chiesto al governo una svolta sulle questioni sociali. La relazione di Padoan di oggi è stata insufficiente” dice il coordinatore Roberto Speranza. Così i gruppi di Mdp all’unanimità hanno scelto di non votare la relazione sul Def e invece per responsabilità verso il Paese di votare a favore del voto sullo scostamento di bilancio. Nella sostanza – cioè nelle votazioni che contano – non accadrà niente di irreparabile, perché la maggioranza assoluta è richiesta solo sui saldi (e lì i voti di Mdp arriveranno). Ma quello che fa più effetto è l’uscita dal governo dell’unico rappresentante di Articolo 1, il bersaniano Filippo Bubbico, finora viceministro dell’Interno, che ha comunicato la sua decisione al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al capo del Viminale Marco Minniti. Poteva mai mancare il sigillo di Massimo D’Alema? “Noi abbiamo mani libere – spiega in serata a CartaBianca – non siamo vincolati” e “votiamo quel che è giusto”. D’Alema precisa che domani Mdp voterà a favore dello scostamento di bilancio altrimenti “non solo cadrebbe il governo” ma scatterebbe l’aumento dell’Iva con “conseguenze sui quei ceti popolari che a noi stanno a cuore”. Quanto alla prossima legge di Bilancio, l’ex-premier aggiunge: “Se il governo vuole avere i nostri voti sulla manovra da che cosa deve fare. Non chiediamo posti, ma cose per i ceti più deboli”. Del resto, osserva D’Alema, “per fare rimanere Ap hanno cambiato anche la legge elettorale…”.

Una posizione, quella di Mdp, già anticipata da Pierluigi Bersani, che parlando in Transatlantico aveva sottolineato come “noi ci sentiamo vincolati alla responsabilità verso l’Italia e quindi al fatto di evitare l’arrivo della Troika”. E confermata a fine giornata da Giuliano Pisapia in persona: “In questi giorni – ha scritto in una nota – mi sono impegnato affinché Articolo 1-Mdp votasse a favore dello scostamento di bilancio per evitare non solo l’aumento dell’Iva ma più in generale un peggioramento delle condizioni di vita degli italiani. Proprio per questo è stato quindi fondamentale che oggi il gruppo parlamentare di Mdp abbia deciso di votare per evitare danni gravi e irreversibili a tutto il Paese”. E butta la palla nel campo del governo ricordando che “il ministro Padoan ha dichiarato che è stato avviato un percorso per inserire nella legge di bilancio investimenti per contrastare la povertà, sostenere e tutelare il lavoro e garantire la salute anche dei soggetti più deboli intervenendo sui superticket“. Su questi temi, conclude, “confida” che “arrivino risposte in quella che sarà la discussione e il confronto sulla legge di bilancio”.

La presa di posizione di Mdp non è stata un fulmine a ciel sereno per il governo. Le diplomazie di Pd e Mdp hanno lavorato per giorni e il timbro era stato messo proprio dall’intervento dell’ex sindaco di Milano che ieri è stato ricevuto a Palazzo Chigi da Gentiloni insieme ai capigruppo di Articolo 1, Maria Cecilia Guerra e Francesco Laforgia, nella prima uscita in un palazzo del potere romano dal momento della nascita di Campo Progressista.

Nel frattempo Pisapia continua a essere tirato per la giacca da un gruppetto di senatori autoproclamati aderenti a Campo Progressista (il movimento di Pisapia) e che Campo Progressista continua a smentire. Nella fattispecie sono alcuni ex Sel come Dario Stefàno e Luciano Uras ed ex M5s come Luis Alberto Orellana e Francesco Molinari. Sono in 6 che hanno annunciato che domani voteranno a favore su tutta la linea del governo. “Io sono orientato a votare a favore della nota e con me ci sono altri 7 o 8 senatori che la pensano allo stesso modo” dice Stefàno. “Noi, votando il Def, sia la nota, sia il disavanzo, confermiamo la nostra posizione che avevamo già espresso l’anno scorso” aggiunge Uras.

Ma a quel punto arriva la sconfessione di Alessandro Capelli, portavoce di Campo Progressista: “Leggiamo ancora oggi che alcuni senatori, definendosi ‘pisapiani’, dichiarino votazioni a nome di Campo Progressista ‘e non solo’. Peccato che sono mesi che non partecipano a iniziative o riunioni di Campo progressista. Pertanto, ancora una volta, siamo costretti a ricordare che si tratta di posizioni personali che non rappresentano Campo Progressista né tanto meno Giuliano Pisapia”. Il tasso di surrealtà supera l’immaginabile quando Uras replica che lui parla a nome di “Campo Progressista Sardegna”. “Non la prima volta – dice il senatore iglesiente – che il signor Capelli interviene maleducatamente negli affari parlamentari. Sostiene che ci sarebbero senatori pisapiani che parlano a titolo personale: io parlo a nome di Campo Progressista Sardegna. Non so a chi titolo parli lui”.

La sostanza è che i parlamentari Mdp – quelli ufficiali, diciamo così – parlano già da ospiti. “Io non mi sento più dentro questa maggioranza” dice Speranza. Nel merito Mdp che ha marcato la distanza con il Pd votando no ai pareri sul Def nelle commissioni di Camera e Senato e mettendosi contro i dem sulla legge elettorale, accusando anzi il partito di maggioranza relativa di spaccare la maggioranza proprio con il Rosatellum.

Per il Partito democratico quello degli ex “è un grave errore”, come dice il vicesegretario Maurizio Martina. Più sferzante il presidente del Pd, Matteo Orfini: “Dunque secondo Mdp l’Iva dovrebbe aumentare e gli italiani pagare il conto del loro rancore. E la chiamano sinistra”. Un concetto ribadito dal portavoce della segreteria Matteo Richetti: “Noi votiamo il Def per continuare a aumentare occupazione e crescita. Mdp vota no, per aumentare Iva a imprese e consumatori”.

Vista da destra, ovviamente, è una sinistra messa maluccio: “Sul Def assistiamo ad una sinistra allo sbando totale con Roberto Speranza che annuncia di votare a favore ma di sentirsi ormai fuori dalla maggioranza” ha detto Daniela Santanché. La parlamentare di Forza Italia, poi, ha aggiunto: “Spero che abbiano il pudore di risparmiarci mesi e mesi di melodramma come accaduto in passato su chi sta dentro e su chi sta fuori perché il Paese non ne ha davvero bisogno. Anche perché – è il ragionamento della Santanché – sappiamo bene che spesso queste crisi di coscienza nascondono richieste di poltrone e posti in lista alle elezioni ormai sempre più vicine. Se Gentiloni non ha i numeri rassegni le dimissioni e vada a casa – ha concluso – I destini dell’Italia non possono certo restare appesi ai problemi di Speranza, Renzi e Bersani”.

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