Roberto Saviano è intellettuale lucido e attento. Ha stile e cattura dalle prime righe l’attenzione del lettore; mi piace leggerlo e lo stimo per la forza delle sue denunce, il coraggio, la capacità di sopportare il rischio. Tuttavia, con “Il tradimento delle origini” (Repubblica, 23 settembre), ha forzato la mano (accade) offrendo un’immagine della realtà che risulta – pur contenendo elementi di verità – eccessiva: “Il Movimento 5 Stelle non avrà un portavoce ma un leader che però rimarrà un figurante”. E’ così? Intendiamoci, non è andato tutto bene a Rimini e la scelta del candidato premier poteva essere organizzata meglio; così come può/deve essere garantito con più forza il pluralismo e lo spazio del dissenso. Dire tuttavia che “l’assenza di valori politici sta divorando il Movimento al suo interno” è esagerato. “Sono abbastanza certo – scrive – che chi aveva provato entusiasmo per le parole d’ordine di democrazia dal basso… è scappato dal Movimento per rifugiarsi nel non voto”.

I sondaggi dicono il contrario, caro Saviano, i 5Stelle mostrano “tenuta e forza”; l’impressione è che l’analisi – piegata alla costruzione di una tesi – perda di vista la realtà. Insomma, si possono fare molte obiezioni al Movimento ma accostarlo a Forza Italia è davvero troppo. Eppure è quel che leggiamo: “Silvio Berlusconi dal nulla fondò un partito politico… e lo fece utilizzando la sua struttura aziendale: il partito personale, il partito azienda. Il Movimento 5 Stelle oggi è una evoluzione di quella patologia, perché (…) è il primo caso di un’entità politica gestita da associazioni riconducibili a singoli e da srl”. Qui davvero non si valuta, spiace dirlo, la peculiarità del Movimento:

1. Berlusconi fonda Forza Italia dall’alto per difendere se stesso e le sue aziende; il Movimento nasce dal basso, dai meetup, dalle piazze, dalla cittadinanza attiva.

2. Il Caimano costruisce il suo partito con l’appoggio di Marcello Dell’Utri e di personaggi (e che personaggi!) di un certo mondo, spiace che proprio Saviano dimentichi; il Movimento coinvolge milioni di persone attraverso la rete e governa e dà sbocco politico alla rabbia sociale.

3. Berlusconi incarna l’arroganza, il malaffare, la truffa, l’inganno, la sete di potere e di denaro… E’ così anche il Movimento 5 Stelle? Io vedo giovani parlamentari che si decurtano lo stipendio; si preoccupano dei poveri e del reddito di cittadinanza; praticano la regola dei due mandati; verificano – e spingono altri a imitarli – la fedina penale dei candidati; rispettano e proteggono la Costituzione (non è un dettaglio); non rubano e difendono la legalità; hanno sensibilità ecologica e dicono no alle lobby; eccetera. Saranno anche ingenui e impreparati (abbiamo visto all’opera i preparati!), ma accostarli a Berlusconi no, per favore, davvero no.

Molto deve ancora essere fatto affinché il Movimento superi le difficoltà interne, è vero, ma la questione della proprietà del simbolo comincia a trovare una prima soluzione: non si sottovaluti l’investitura di Di Maio a Rimini; è responsabile (eletto) di candidature, programmi e indirizzo politico; è il primo passo verso la trasformazione del Movimento in un organismo più complesso con una struttura adeguata a una classe dirigente che si prepara a governare il Paese. E’ un fatto positivo.

Antonio Padellaro trova la sintesi giusta: non si comprende perché i partiti attenti ai valori democratici continuino “a demonizzare un movimento che riesce a drenare all’interno delle istituzioni repubblicane sette, otto milioni di voti e forse più. Altrimenti destinati a finire… tra le braccia dei camerati”. La strada è l’incontro – dopo le elezioni politiche – delle forze migliori, nessuno avrà i numeri per governare da solo, urge recuperare l’errore della mancata convergenza Bersani-Grillo. Ti stimo molto, caro Roberto, ma – nel Paese in cui l’ex ministro Fantozzi proponeva “una nuova cupola” per pilotare i concorsi – non demonizzare anche tu un Movimento che, costruendo alleanze, può diventare davvero una reale fonte di cambiamento nel desolante panorama della politica italiana.

Post scriptum. Nelle ultimi giorni Di Maio ha detto dei sindacati: “O si autoriformano oppure quando saremo al governo ci pensiamo noi”. Non va bene. Impossibile dare torto a Susanna Camusso: “Linguaggio autoritario e insopportabile”. Il candidato premier 5Stelle ricordi che il sindacato ha scritto pagine importanti della storia d’Italia e che l’elettorato di sinistra del Movimento chiede rispetto per quel mondo. Da Luigi Di Maio, quanti non demonizzano il Movimento, attendono idee, progetti, proposte e capacità di mediazione. Non toni da bullo. L’incidente di percorso va subito superato riconoscendo la libertà e l’autonomia del sindacato come principi irrinunciabili. “Sottolineare l’ovvio, talvolta, è necessario” (John Rawls).

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