Alemanno è stato buono. È venuto qua, ha parlato con noi. Anche lui era sindaco. Perché lui ha cuore per i bambini e questa sindaca no?”. Milena e Franza sono rumene. Il tempo è scaduto, ma il primo esperimento – quello di Camping River, in via di Tenuta Piccirilli, periferia nord di Roma – del “piano per il superamento dei campi rom” annunciato da Virginia Raggi il 31 maggio scorso non sembra essere andato come da cronoprogramma. Per il campo scade oggi la convenzione con la cooperativa Isola Verde onlus. Ma l’alternativa non c’è, e le famiglie resteranno lì. “Siamo ancora tutti qui”.

Nel campo ci sono 420 ospiti: 120 nuclei famigliari, circa 190 i minori. Varie nazionalità: soprattutto romeni, macedoni e bosniaci. Il piano, racconta dalla coop Laura Selvaggi, “prevede – ce lo chiede l’Europa – il superamento dei campi per come li conosciamo, con l’erogazione di un sostegno a termine per l’inserimento professionale e abitativo”. La traduzione, in concreto, “a noi un po’ sfugge. Ancora di più sfugge ai beneficiari”. Gli abitanti della baraccopoli “hanno firmato un modulo in cui c’è scritto che sarebbero state poi spiegate le condizioni dell’assistenza in incontri singoli”. Gli incontri sono ancora in corso: “il prossimo è previsto per il 15 ottobre”, dice Simonetta Lanciani. È il “patto di responsabilità solidale”, ovvero un documento che le famiglie hanno sottoscritto per accedere alle forme di sostegno economico: un contributo economico, previsto per due anni e calcolato in base all’Isee fino a un massimo di 800 euro. Per accedervi, i rom si impegnano a trovare in autonomia un alloggio alternativo (o a impiegare i fondi per un’impresa lavorativa). “È difficilissimo che una persona nata, cresciuta o che vive da anni in un campo o in un centro d’accoglienza possa presentarsi a farsi affittare una casa. Scusate, chi fa un contratto d’affitto senza una caparra a un rom?”. La soluzione ponte proposta ora dall’amministrazione è quella di utilizzare i fondi stanziati per trovare ospitalità in “strutture ricettive temporanee”: alberghi o residence da prenotare anche on line (“con la carta di credito?”, chiosano dalla cooperativa), in cui spostarsi per un massimo di sei mesi.

“Se avessimo avuto più tempo avremmo fatto un buon lavoro”, dicono ancora dalla cooperativa. “I bambini vanno a scuola, sono vaccinati, sono anche pochi in proporzione perché qui abbiamo una tradizione di campagne per la contraccezione e di contrasto ai matrimoni in adolescenza. Avremmo cercato di salvare il lavoro fatto fino ad ora, i legami sociali. Al momento la situazione è di panico sospeso”.

Nell’ultimo documento inviato alla presidente della cooperativa in questi giorni, l’amministrazione scrive che “avendo posto in essere per tempo le risorse e gli strumenti per il superamento del campo e la tutela delle persone fragili, non intende prolungare ulteriormente il rapporto contrattuale”. E “a far data dal 1 ottobre, essendo terminate le attività di accoglienza, la cooperativa Isola Verde Onlus sarà tenuta a garantire la restituzione a Roma Capitale dei moduli abitativi di proprietà comunale, liberi da persone e cose”. “Dal 30 settembre si chiude il rapporto contrattuale con Isola Verde ma il campo non chiude”, ha detto ieri il presidente del XV Municipio, Stefano Simonelli. Ma come? La cooperativa è locataria dello spazio (il terreno è privato) e proprietaria di tutti gli impianti idrici, elettrici e fognari.

“Siamo l’unico campo dove non c’è violenza, non circola droga, non ci sono roghi: perché proprio noi?”, si chiedono gli abitanti. “Ora temiamo che questo diventi un campo abusivo, senza servizi e abbandonato“. 

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