Ha fatto scalpore il recente tweet della senatrice cinquestelle Paola Taverna che, livida per le lamentele che un numero sempre più fitto di concittadini romani esprime sui social network contro la mala gestione della Giunta Raggi, ha retoricamente chiesto: “Una domanda ai romani: ma abitavate tutti in Svizzera prima?”.

Gentile senatrice, dopo aver lasciato giusto spazio ai miei concittadini romani che le hanno risposto per le rime su Twitter, gradirei prendere la parola e spiegarle un po’ dove abitavamo, noi romani, prima che voi Cinquestelle cominciaste a governarci.

Vivevamo in una città il cui verde pubblico era infinitamente meglio manutenuto. Duole dirlo, dal momento che le cooperative responsabili dell’amministrazione delle aree verdi erano quelle di Salvatore Buzzi, che operavano nel modo criminale che la magistratura sta verificando, ma il dato di fatto è che prima si poteva portare il bimbo a giocare nel parco, adesso invece occorre mettergli un braccialetto col Gps e la luce blu per poterlo ritrovare fra gli sterpi alti un metro della maggior parte dei cosiddetti parchi romani, alcuni costretti a chiudere per “omessa manutenzione”. La Giunta Raggi in 17 mesi non ha saputo scrivere in modo corretto un bando di concorso per assumere giardinieri. Come spiega l’ex assessora Estella Marino: “Le gare per questi appalti sono bloccate da tre anni e la giunta Raggi non ha saputo fare meglio dei suoi predecessori dato che il bando lanciato in aprile è stato poi ritirato perché non corrispondeva al nuovo codice degli appalti e chissà quando vedrà la luce. E nel frattempo il verde di Roma sta come sta”.

E che dire delle aiuole spartitraffico? Prima, le siepi erano ben tagliate, tanto nelle rotonde quanto all’interno dei guardrail sulle consolari tipo Salaria. Adesso, no. Col risultato che fra i guardrail sono cresciuti dei veri e propri alberelli, ormai secchi a causa della siccità e del fatto che nessuno li ha mai potati, i cui rami tendono a frustare le automobili che si avventurano a passare raso al guardrail. E se nel Secondo Municipio di Roma la cura del verde non fosse stata avocata dall’amministrazione Pd di zona, sarebbe impossibile vedere le automobili in arrivo in tutte le piazze che hanno una rotatoria destinata a verde pubblico. La maggior parte delle aree verdi di Roma, oggi, non è nemmeno più “verde”, bensì gialla causa incuria, e l’intera città pare un luogo distopico dove sarebbe ora di andare a raccogliere il fieno, più che altro. Ometto di trattare dei tronchi di pino marittimo caduti sulla via Cassia o sul Lungotevere delle Navi, o ai lati della Farnesina, dove per altro ancora oggi giacciono esanimi senza che nessuno si prenda la briga di andarli a togliere.

Vivevamo, gentile senatrice Taverna, in una città dove ogni tanto era possibile vedere una pattuglia della polizia municipale di Roma presidiare il territorio. Oggi, no. Provi a fare un esperimento, senatrice: prenda un’auto e provi a fare il giro di Piazza Vescovio, nel quartiere Trieste. All’angolo con via Moricone troverà auto parcheggiate in mezzo alla piazza, dinanzi alla banca Intesa. E’ un parcheggio di scambio illegale, dove le auto soggiornano intere giornate o anche settimane. Poi ne troverà parcheggiate tutto intorno all’aiuola centrale. Quindi sulle strisce pedonali, oltre che in doppia e tripla fila lungo i quattro lati della piazza. Prima, la polizia municipale passava, multava, portava via col carro attrezzi nei casi più drammatici. Adesso, no.

Vivevamo, cara senatrice Taverna, in una città che aveva finalmente ottemperato alle direttive europee che ci imploravano e imponevano di chiudere la discarica di Malagrotta, in mano a Manlio Cerroni e dei suoi impianti collaterali. Era una discarica che avvelenava il nostro territorio e per anni abbiamo dovuto pagare le multe della Ue per questo fatto. Marino l’aveva finalmente chiusa, ora Raggi ha fatto riaprire i due impianti di Trattamento Meccanico Biologico chiamati Malagrotta 1 e 2. Per me sono due indizi che portano a pensare che questa Giunta va verso la riapertura anche della discarica dei veleni.

Vivevamo, stimatissima senatrice Taverna, in una città che aveva un servizio di trasporto pubblico ben lontano dalla sufficienza, eppure assai migliore di oggi. Da quando c’è la Raggi, l’Atac ha tagliato il 35% delle sue corse bus, la metro A e B1 son state ridotte nella frequenza, l’azienda è stata multata per 3,6 milioni di euro dall’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, e si è arrivati a quel concordato fallimentare che la sindaca ha propagandato per un fatto positivo, quando si vede che glielo hanno spiegato un po’ male, perché proprio positivo non è. Una nota di colore sulla pulizia dei mezzi Atac: da quando le fermate della metro B1 sono state costruite e consegnate alla cittadinanza (aprile 2015), pare che nessuno *mai* le abbia pulite.

Vivevamo in una città il cui bilancio non veniva bocciato per due volte di fila dall’organo autonomo di revisione dei conti, l’Oref. Ora non più. Vivevamo in una città che la cui vivibilità e salute migliorava di anno in anno. Ora non più, secondo l’Istituto superiore di Sanità.

Potrei continuare a lungo, parlando dell’invasione di ratti, blatte, zanzare e cinghiali, della novità dei gabbiani che si mangiano i piccioni, della situazione disastrate delle strade urbane (quante sono le strade di Roma dove il Comune ha fatto installare segnali di velocità massima di 20 o 30 km/h, come risposta alla presenza di buche e radici affiornati, tipo in viale Paolo Boselli, di fianco allo Stadio Olimpico? Il segnale stradale al posto della manutenzione della strada, per coprirsi le spalle in caso di incidente e conseguente causa del cittadino danneggiato: un vero esempio di democrazia diretta, no?), o di come l’Ama raccoglie l’immondizia a macchia di leopardo, saltando sistematicamente alcune aree o alcuni gruppi di cassonetti (godetevi lo spettacolo di via Lucrino, dietro alla chiesa di Santa Emerenziana, fra i tanti).

Tutto questo per dirle, cara senatrice Taverna, che prima noi romani vivevamo in una città amministrata da gente assai più competente e meno insolente di lei, che pare voglia toglierci anche il diritto di lamentarci di una gestione della cosa pubblica che riesce a essere peggiore di quella, rimasta nella storia per le sue gaffe, di Gianni Alemanno “chiamesercito” e dei cm di neve scambiati per mm.

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