“Perché scegliere di studiare Medicina in Albania deve essere un tabù? Per me è un’opportunità, se a Roma non passo il test d’ingresso mi gioco un’altra carta là, così non perdo l’anno”. Giacomo ha 19 anni e un grande sogno, quello di fare il medico. A tutti i costi. La valigia per volare a Tirana è già pronta. La data della prova di ammissione è fissata per il 28 settembre. Non sarà l’unico a partire da Salerno. “Ci andrò con un amico. La voce ormai si sta diffondendo, sono stati altri amici in comune a dirci di questa possibilità, anche loro hanno fatto così”. Basta avere i soldi. All’università cattolica “Nostra signora del buon consiglio” di Tirana, l’eldorado dei silurati italiani, la retta annua costa circa ottomila euro. Alla facoltà di Medicina insegnano professori esclusivamente italiani, gli stessi dell’Università Tor Vergata di Roma grazie a una convenzione tra l’ateneo italiano e quello albanese, che è privato.

“In pratica è come fare l’università in Italia con la differenza che qui il test è più facile”, ci racconta Giuseppe, 23 anni, napoletano, che sta per iniziare il terzo anno. “Non ci sono domande di cultura generale, né di logica. Io in Italia avevo tentato l’esame tre volte senza superarlo”. Le matricole italiane nel Paese delle aquile aumentano poco alla volta. Erano cento nel 2015, 105 nel 2016 e almeno 500 quelli che si sono presentati per sostenere la prova di ingresso.

Che la fuga nei Balcani sia una scorciatoia per evitare i temuti quiz del numero chiuso dei nostri atenei è evidente. In molti infatti già dal primo anno chiedono il trasferimento in patria. Nell’anno accademico 2015/2016 sono rientrati complessivamente 111 studenti (di cui 31 iscritti al primo anno e 40 al secondo). In quello successivo 53 (di cui 4 al primo anno e 32 al secondo). Il titolo di studio rilasciato in Albania comunque è valido anche da noi. “Ma se dico che mi sono laureato là la gente pensa male, c’è ancora il pregiudizio. Per questo forse farò gli ultimi due anni in Italia – ci confida Giuseppe – la vita a Tirana costa molto meno ma lo stipendio è troppo basso, non mi va di rimanere qui a lavorare”.

Giulio, 23 anni, invece è già tornato a Cosenza e da quest’anno frequenterà i corsi a Roma o a Napoli. “Dipende da quale ateneo per primo accetterà la mia richiesta di trasferimento. La specializzazione ad ogni modo la farò all’estero, da noi ci sono pochi posti e un percorso negli Stati Uniti è più prestigioso”. L’università “Nostra signora del buon consiglio” rappresenta una chance anche per chi non ha passato il test in Odontoiatria, Fisioterapia e Infermieristica.

“A Bari sono stato scartato per due volte di fila, ero stanco. Oggi Tirana è la mia seconda casa”: Giammarco si è laureato in Odontoiatria a giugno. “Mi sono trovato benissimo, eravamo una trentina, pochi e ben seguiti”. Ora sta facendo un master a Bologna. “Potrei lavorare nello studio dentistico di mio padre, ma l’idea è di tornare a Tirana e trovare un posto in una clinica, là va forte la chirurgia plastica e avrei più successo”.

Anche Clelia viene da Bari e dopo sei tentativi falliti di entrare nell’università della sua città, in Albania finalmente ce l’ha fatta. “L’ho vissuta malissimo, avevo perso la speranza, ero disperata giuro. Si sa che se non sei raccomandato a Bari non sempre ti va bene. Quando ho deciso di provare in Albania ho ricevuto molte critiche dai colleghi italiani, mio padre compreso, che è un odontotecnico ed era molto scettico, ma oggi non mi pento della scelta e non me ne frega niente di quello che pensa la gente”. Clelia nel 2016 si è spostata a Milano per frequentare il tirocinio. “Il lavoro a Rimini c’è, il problema è il numero chiuso, per questo me ne sono andata in Albania”: Aurela, albanese di origine ma cresciuta in Romagna, è iscritta all’ultimo anno di Fisioterapia. “In classe siamo metà italiani e metà albanesi. Per fortuna esiste questa alternativa, diversamente non avrei potuto studiare quello che volevo”.

Un’altra meta, meno gettonata ma sempre più attrattiva per gli aspiranti medici silurati in Italia, è la Bulgaria. Chiara è chiusa in una stanza di hotel a Sofia e si sta preparando al test per entrare all’università “San Clemente di Ocrida“. “Sarà in lingua inglese e riguarderà solo chimica e biologia. Non sono qui da sola, sto ripassando con un gruppetto di italiani”. Tutti seguiti da un tutor che ha organizzato la trasferta. “In Italia purtroppo mi è andata male: ho provato il test due volte, alla Sapienza e al Campus biomedico, ma non mi hanno presa”.

Mentre Giuseppe è ormai al quinto anno. “Pago settemila euro di tasse l’anno e no, non mi pesa. Voglio diventare un chirurgo ma in Italia per pochi punti non mi hanno preso, ho provato l’esame due volte a Napoli e una volta a Siena”. In Bulgaria la storia cambia: “Il quiz non ha domande trabocchetto, una preparazione liceale è sufficiente per ottenere un buon punteggio”. Di rientrare nel suo Paese lui non ne ha nessuna voglia. “Pochi posti e poi c’è la lobby dei baroni, in pratica inizi a operare quando hai già i capelli bianchi. Punto a una carriera in America, in Germania o in Francia”.

Francesco si è classificato terzo a Sofia. A Catanzaro invece era fuori dalla lista degli ammessi. Oggi è rientrato in Italia. Sta concludendo il quarto anno all’università “Luigi Vanvitelli” di Napoli (“dove i corsi sono in inglese”), “perché se in Bulgaria rimani indietro con gli esami ti fanno perdere l’anno e a me non andava di sprecare altro tempo”. A chi gli rinfaccia di aver trovato una scappatoia per entrare a Medicina risponde: “Andare all’estero e studiare in inglese non è una passeggiata e dei commenti degli altri non mi importa niente”. In Bulgaria l’altra speranza per gli italiani silurati si chiama Medical university of Sofia. A Elisabetta manca un anno per laurearsi in questo istituto, che le costa ottomila euro l’anno di tasse. “Senza dubbio qui la prova d’ingresso è meno complicata. In Italia chissà quando lo avrei superato quel maledetto test, non volevo più aspettare”.

Il ministero dell’Istruzione preferisce non commentare la fuga nell’Europa dell’Est dei nostri giovani per bypassare le selezioni in Medicina negli atenei della Repubblica. Nemmeno davanti all’emorragia di neodiplomati in Romania per saltare a piè pari i quiz e magari essere riammessi dopo qualche mese o anno in una delle università italiane. Lorenzo, scartato a Milano, ha studiato due anni a Targu Mures, nel cuore della Transilvania, punto di riferimento per la Medicina da ottomila euro l’anno: “Per essere ammesso devi sostenere una conversazione in inglese di venti minuti, ti fanno delle domandine stupide, del tipo ‘dove sei andato in vacanza’ e ‘quali sono i tuoi hobby’. Ma se non stai al passo con gli esami ti fanno saltare l’anno, come è capitato a me. Ne ho approfittato per girarmi la Romania e intanto ho chiesto il trasferimento in Italia, all’università Vanvitelli”.

Serena dice di aver pianto dalla gioia quando ha scoperto che in Romania poteva coronare il suo sogno: “In Italia non ho passato il test, ero arrabbiatissima. Da qui non me ne voglio più andare”. A Paola è addirittura bastato un colloquio in inglese via Skype per essere ammessa alla facoltà di Odontoiatria: “I prof sono preparatissimi e gli esami non li regalano, io ne rifatti tre. Se ho fatto bene a lasciare l’Italia? Sono stata praticamente costretta”.

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