di Marta Coccoluto

Flessibilità, autonomia e responsabilizzazione. Ecco le tre parole chiave che identificano lo smart working o lavoro agile. L’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano lo descrive come «una filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità ed autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati» e così è stato disegnato nella legge n. 81 del 22 maggio scorso, in vigore dal 14 giugno.

Lo smart working non è una nuova tipologia di contratto ma una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato: al lavoratore è restituita la libertà di svolgere il proprio lavoro nei luoghi e negli orari che gli sono più congeniali, con il solo vincolo della durata massima dell’orario di lavoro, e l’azienda, oltre a risparmiare sui costi, sperimenta nuovi modelli organizzativi e può orientare il lavoratore agile su obiettivi e progetti.

Forme di flessibilità del luogo di lavoro e il lavoro in remoto aprono la strada a nuove possibilità di conciliazione vita-lavoro, esigenza stringente soprattutto per le lavoratrici, e permettono di coniugare il lavoro subordinato con il desiderio di indipendenza da una sede fissa e, spingendoci ancora oltre, con stili di vita mobili.

Alcuni storcono il naso, vedendo nello smartworking l’ennessima trovata per spremere un lavoratore e depredarlo dei diritti che gli sono riconosciuti. In realtà l’accordo individuale tra azienda e lavoratore non prescinde dai fondamentali del lavoro subordinato. Devono essere previsti i tempi di riposo e i tempi di disconnessione dagli strumenti di lavoro, lo stipendio non cambia e si può godere degli incentivi fiscali e dei premi di produzione esattamente come chi resta in ufficio, inoltre l’azienda deve garantire la sicurezza e la salute del lavoratore, esattamente come se fosse seduto alla scrivania davanti all’ufficio del capo.

Una rivoluzione nel modo di approcciare al lavoro subordinato, orientato agli obiettivi e alla produttività, che chiude le porte alla pessima consuetudine, penalizzante soprattutto per le donne, che la via più breve per fare carriera sia tirar tardi in ufficio.

Con lo smart working migliora il lavoro, valutato su obiettivi e risultati, e soprattutto migliora la qualità della vita del lavoratore.

Come Nomadi Digitali abbiamo sempre promosso il ridisegnare vita e lavoro in chiave mobile, lo svincolarsi da una sede fissa, da orari di lavoro prestabiliti per riappropriarsi del piacere di lavorare e di vivere seguendo le proprie motivazioni, ambizioni ed esigenze personali.

Per questo saremo a Roma il prossimo 3 ottobre allo Smart Working Day 2017, una giornata gratuita di formazione e di approfondimento per conoscere da vicino l’universo legato al lavoro agile.

Secondo una formula già sperimentata nel primo “Smart Working Day”, svolto a Milano a luglio scorso (le prossime tappe saranno Napoli, Treviso e Catania), l’evento non sarà solo teoria, ma chi parteciperà potrà trarne esempi concreti ed utili per capire come lavorare da remoto applicando le possibilità della nuova normativa.

È un’occasione imperdibile per incontrare professionisti, nomadi digitali e remote workers e capire, attraverso condivisioni di best practices, case history e scenari futuri con esperti del settore e manager, come diventare uno smart worker.

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