Minacce, dimissioni firmate in bianco, contratti di lavoro part-time anche se a lavoro ci si stava tutto il giorno, straordinari non pagati o pagati una miseria: 2 euro. È il sistema “perverso e spregiudicato di sfruttamento” scoperto dalle Fiamme Gialle di Tarquinia (Viterbo); è così che  vengono descritte le condizioni degli operai impiegati in una azienda tarquiniese del settore metalmeccanico. Oltre una settantina di lavoratori, stando alle indagini della procura di Civitavecchia, sono stati costretti a svolgere “attività lavorativa non prevista dal contratto di lavoro sottoscritto”, a fronte di “una misera retribuzione”, subendo la lesione di diritti “alle ferie e alla malattia retribuita, al trattamento di fine rapporto ed alla tredicesima”. Il tutto sotto la costante minaccia di ripercussioni o di licenziamento.

Quattro gli arresti eseguiti, sequestri preventivi per equivalente e 15 perquisizioni nei confronti degli indagati che hanno impegnato oltre 40 finanzieri del comando provinciale di Viterbo. I reati contestati, dal procuratore di Civitavecchia Andrea Vardaro e dal pm Alessandra D’Amore sono estorsione, sequestro di persona e sfruttamento e minacce ai danni di lavoratori. I lavoratori, spiegano i finanzieri, venivano pagati con una retribuzione oraria di molto inferiore a quella prevista dal contratto collettivo di lavoro per i metalmeccanici ossia circa 3,90 euro a fronte di un importo previsto non inferiore agli 8,28 euro. Le ore di straordinari venivano pagate in modo irrisorio (circa 2 euro) o addirittura, in alcuni casi, non venivano pagate.

Inoltre, fin dalla stipula del contratto di assunzione “part time”, gli arrestati richiedevano ai dipendenti di sottoscrivere contratti che prevedevano attività lavorativa per sole quattro ore al giorno, a fronte delle effettive otto/dieci ore giornaliere pretese e li obbligavano a sottoscrivere, per avere maggior potere ricattatorio, lettere di licenziamento in bianco, rinvenute dai finanzieri nello studio del consulente del lavoro.

Lo sfruttamento, che andava avanti da nove anni, non è cessato neanche dopo l’avvio, nel mese di agosto 2016, dei controlli della Guardia di finanza di Tarquinia. Anzi un’operaia, con l’inganno, è stata sequestrata e portata in una casa isolata: qui la donna è stata pesantemente minacciata ed intimidita per farla desistere dal presentarsi dagli investigatori.

Nel corso delle indagini è venuta alla luce anche “un’ingente truffa ai danni dell’Inps. Infatti ogni due-tre anni i lavoratori venivano licenziati da un soggetto economico e contestualmente assunti da un altro soggetto economico, comunque riconducibile e gestito dagli stessi arrestati”. Oltre un milione e 200mila euro il profitto dei reati di cui circa 140.000 euro, corrispondente ai mancati versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali nonché ai fittizi licenziamenti/assunzioni, sono stati sottoposti a sequestro preventivo.

L’intero complesso aziendale è stato affidato alla gestione di un amministratore giudiziario, nominato dal Tribunale di Civitavecchia, a tutela delle posizioni lavorative. Due degli arrestati sono finiti in carcere, due ai domiciliari. Il consulente del lavoro che suggeriva le manovre fraudolente, dopo essere stato interdetto dall’esercizio dell’attività professionale, ha ricevuto la notifica del provvedimento cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

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