Sbagliano i quotidiani a inserire in “cronaca” i casi di femminicidi e violenza verso le donne che negli ultimi mesi si sono susseguiti in numero preoccupante: siamo di fronte a casi di “cattiva politica” che non riguardano solo la metà della popolazione, ma la società tutta.

Come non riconoscere infatti di fronte agli ultimi episodi di violenza in cui sono state uccise due ragazzine, Noemi e Nicolina, che non è più accettabile confinare l’analisi di queste problematiche in ristretti circoli femministi, ma che è necessario che la politica si occupi con serietà di un problema sociale non più procrastinabile?

E dunque provo qui a elencare alcuni punti di riflessione per i nostri politici, finora disattenti:

– il tema della violenza verso le donne va analizzato inserendolo nel ben più ampio scenario della posizione delle donne oggi nella società italiana: donne che ancora stentano a essere indipendenti economicamente, in particolare al sud; donne che di conseguenza spesso rinunciano alla maternità; donne che soffrono di un divario salariale consistente: temi non più procrastinabili, specialmente tenendo conto che siamo il fanalino di coda nella classifica del World economic forum “Gender gap” che ci posiziona al 50esimo posto. Alla luce di questo, se c’è ancora chi ritiene che questo sia un tema da donne, consiglio di ripassare i tanti studi che legano i Pil di un Paese anche all’alta percentuale di donne inserite nel mondo del lavoro

– il tema delle pari opportunità deve essere trattato con serietà come negli altri Paesi europei: è inaccettabile che l’Italia non abbia un ministero per la Parità di Genere! In particolar modo tenendo presente il divario enorme che scontiamo con gli altri Paesi europei su questi temi.

E’ necessario un ministero, e retto da una persona competente.

– E’ noto che gli agenti di socializzazione, quelli che cioè aiutano ragazze e ragazzi a “entrare nel mondo,” sono tre e cioè la famiglia, i media e la scuola.

Tutti conosciamo le grandi difficoltà in cui versano le famiglie oggi: chi avesse letto in che situazioni familiari vivevano Noemi e Nicolina, avrebbe certo compreso che non è a queste famiglie che si può chiedere di educare bene i propri figli e figlie. E d’altronde come pretenderlo in un Paese che ha uno dei tassi più alti di analfabetismo di ritorno che coinvolge dunque molti genitori di bambini e adolescenti?
Non è questo giocare allo scaricabarile?

Sui media, invece, possiamo agire, eccome!

Siamo oramai tutti consapevoli che i ragazzi/e trascorrono una media di otto ore al giorno davanti agli schermi, con percentuali elevate di chi arriva a tenere lo smartphone acceso 24 ore al giorno. Con i media si può educare, con i media si arriva a tutti.

Tornando al tema della violenza vero le donne, quella famiglia che ipotizziamo non in grado di essere un referente educativo per la propria figlia, avrà avuto certamente una tv in casa: ( il Censis ci ricorda che gli apparecchi televisivi arrivano ad essere anche tre o quattro per nucleo familiare e dunque non è corretto dire che si trovino in tutte le case, sono spesso in tutte le stanze). Il servizio pubblico allora faccia il suo dovere, come affermato nel sito Rai dove si dichiara che la sua mission è quella di informare, intrattenere ed educare.

Anche qui, come per il caso del ministero delle pari opportunità che non c’è, non bisogna inventare nulla: la Bbc, Ard, Zdf, Orf e molte altre emittenti pubbliche europee, dedicano parte della loro programmazione all’intrattenimento educativo.

E interroghiamoci se tutte le immagini oggettivanti di donne che abbiamo guardato su Rai e Mediaset da più di 30 anni non abbiano contribuito (intendo siano una causa non la sola causa), del clima di violenza che circonda le donne.

Chiariamo qui per l’ennesima volta: ciò che contribuisce a creare un environment violento non sono le immagini di nudo laddove quel corpo nudo sia di una donna che agisce la sua nudità e ne è consapevole. Qui si parla dei milioni di immagini parcellizzate di seni, cosce e sederi privati del volto: oggettivazione che può condurre alla deumanizzazione.

Della scuola abbiamo spesso scritto, della grave mancanza del Miur di non avere inserito corsi di “Educazione al corretto uso dei media”come negli altri Paesi europei.

Esiste in proposito una raccomandazione europea disattesa, come spesso accade, dall’Italia.

E dalla scuola possono e devono partire i corsi che aiutino a decodificare le migliaia di immagini deumanizzanti, oggettivanti dell donne. Ma per proporre questa formazione ai ragazzi e ragazze così come quella all’affettività e alla sessualità, si dovranno formare i docenti: e i soldi per la scuola non si trovano. E questa mancanza racconta bene purtroppo del nostro Paese che fatica a trovare i finaziamenti per l’istituzione dove si formeranno i cittadini e le cittadine del futuro.

Il tema della violenza contro le donne, come abbiamo visto, è complesso e diffido delle proposte non risolutive, ma acchiappaconsensi che non ricerchino le origini del problema.

Poi certo, ci vorrà certezza della pena per chi commette violenza, denunce prese in carico seriamente e non minimizzate, giudici che siano preparati alla gestione di questi casi, mentre spesso non sembrano esserlo.

Lo sforzo più grande sia quello per chi ci governa, di accompagnare questo periodo epocale di passaggio da una società patriarcale ad una nuova realtà dove donne e uomini convivano con eguali diritti. E lo strumento più efficace, come sempre, è quello dell’educazione, utilizzando i tanti mezzi di trasmissione a disposizione.

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