I dettagli sulle origini della faida di Scampia raccontati ai magistrati. Con nomi e accuse agli scissionisti protagonisti della mattanza, anche a quelli che non hanno condanne definitive a carico. C’è questo, secondo gli inquirenti, dietro l’omicidio del 21enne Nicola Notturno, figlio del boss Raffaele, a capo dell’omonimo clan alleato con il gruppo Abete-Abbinante, uno dei cartelli criminali in lotta nella faida per il controllo delle piazze di spaccio. Scissionisti in lotta contro i Di Lauro. Il giovane, freddato con una decina di colpi d’arma da fuoco in via Ghisleri e morto durante il trasporto in ospedale, infatti, è anche nipote di Gennaro Notturno, alias ‘o sarracino, boss pentito da neppure un mese. Lo zio del ragazzo sta ricostruendo davanti ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli l’inizio e le fasi della prima faida di Scampia, che tanta morte ha seminato. Una cinquantina di omicidi commessi tra ottobre 2004 e febbraio 2005, ottanta in meno di un anno. Secondo gli investigatori, l’omicidio di Nicola Notturno è una vendetta proprio contro lo zio che ora accusa boss del calibro di Raffaele Amato, che ha capeggiato la scissione e la faida contro i Di Lauro, pur non avendo condanne definitive a carico come mandante per quegli omicidi, Cesare Pagano, ma anche Arcangelo e Guido Abbinante.

LE ORIGINI DELLA FAIDA – E le parole dello zio, forse non a caso, riportano allo stesso luogo dove hanno ucciso il nipote. Via Ghisleri, dove, secondo quanto sta raccontando ai magistrati Gennaro Notturno, è iniziato tutto. Prima, dunque, del duplice omicidio di Fulvio Montanino e Claudio Salierno, a opera degli scissionisti, avvenuto il 28 ottobre del 2004 e a cui da sempre si fa risalire l’inizio della guerra. Un agguato per il quale a marzo scorso sono stati condannati al carcere a vita dalla Corte di Assise di Napoli 14 boss della camorra. Il clima era teso perché i contrasti già esistenti all’interno dei vari clan che facevano capo ai Di Lauro per il controllo del traffico della droga a Scampia e Secondigliano, si fecero ancora più forti dal 2002 quando iniziò la latitanza del capo incontrastato Paolo Di Lauro, alias ‘Ciruzzo ‘o milionario’, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare, ma già irreperibile dal 1997. A quel punto al vertice del gruppo subentrarono i figli Vincenzo, Marco e Cosimo Di Lauro, ma erano diversi i componenti del clan che non apprezzavano il modo di gestire gli affari dei figli del boss. A capeggiare la frangia dei cosiddetti ‘scissionisti’ fu Raffaele Amato, ex fedelissimo dei Di Lauro, da poco tornato dalla Spagna, dove si era rifugiato dopo essere stato accusato dai figli di Di Lauro di essersi impossessato di somme di denaro che appartenevano all’organizzazione.

IL RACCONTO DEL PENTITO – Torniamo in via Ghisleri, proprio dove domenica notte è stato ucciso Nicola Notturno. Lo zio Gennaro, arrestato nel 2005, è stato uno dei protagonisti della faida che portò il gruppo capeggiato da Amato alla scissione e si è già accusato di diversi omicidi di personaggi legati al clan Di Lauro. Ha già raccontato alla Dda che la prima miccia è esplosa il 29 settembre 2004, proprio in via Ghisleri dove il gruppo Amato-Pagano fece uccidere con sei colpi di pistola al volto Luigi Aliberti, affiliato ai Di Lauro. Un messaggio a Cosimo Di Lauro dal quale il gruppo pretendeva delle somme di denaro. Un delitto, del quale Notturno si è accusato, pianificato durante un summit che si svolse agli inizi di settembre e al quale parteciparono tutti i capi dei vari gruppi scontenti di Cosimo Di Lauro che, racconta il pentito, mostrava loro poco rispetto nella gestione dei proventi del traffico della droga. Al summit parteciparono Gennaro Notturno e il fratello Vincenzo, ma anche Cesare Pagano, Ciro Mauriello, Arcangelo Abete e Lello Amato, tutti nomi di primo piano. Dopo l’omicidio Aliberti, Gennaro Notturno partecipò anche all’agguato nel quale rimasero uccisi Claudio Salierno e Fulvio Montanino, braccio destro di Cosimo Di Lauro. Ma neppure quello servì a cambiare l’atteggiamento del figlio del boss. Così partì la vera e propria guerra. Sempre Notturno si è attribuito anche la responsabilità dell’omicidio di Antonio Landieri, assassinato per errore in un circolo ricreativo di Scampia. Non riuscì a scappare perché aveva problemi di deambulazione. Notturno ha raccontato, come prima di lui aveva fatto il collaboratore Carlo Capasso, che il clan voleva risarcire la famiglia del ragazzo con 150mila euro, ma che i genitori non hanno mai accettato quei soldi.

Ma il pentito parla anche di Arcangelo Abete, ‘Angioletto’, colonnello dei Di Lauro anche lui passato agli scissionisti, condannato con sentenza definitiva per associazione camorristica nella primavera 2011. Fu sottoposto a un trapianto d’organo all’ospedale Niguarda, a Milano, e destinato agli arresti domiciliari a Binasco. Da dove voleva formare il ‘Terzo Polo’ della camorra di Scampia e da dove fece partire la terza faida, quella dei ‘girati’ che vide le famiglie Abete-Abbinante con gli alleati Notturno e Aprea ribellarsi alla dittatura degli Amato-Pagano, che avevano capeggiato la guerra contro i Di Lauro.

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