La Germania non è mai stata così bene. Disoccupazione al 5%, quella giovanile all’8%, l’80% dei tedeschi si dichiara felice e il bilancio dello stato è in perfetta forma. Benché parte di questo “miracolo economico” sia dovuto alla riforma del mercato del lavoro e del welfare operata da Gerhard Schröder, con il programma Agenda 2010, la vera Königin (regina) tedesca è Angela Merkel. Che, in vista delle elezioni del 24 settembre, ha mantenuto il solito basso profilo: concretezza, niente promesse improbabili, niente giri di parole sui temi scomodi. Il reddito universale? “Non ci credo. Sono convinta che riusciremo a conformare le carriere alle necessità attuali”, ha detto in un’intervista all’Huffington Post tedesco. In compenso, molta Realpolitik: lei che era contraria ai matrimoni omosessuali è riuscita a far votare, pur senza i voti del suo partito, una legge che li permette.

E’ così che, se non i cuori, ha conquistato almeno le menti di buona parte dei tedeschi. La “ragazza”, o meglio delfina dell’ormai defunto Helmuth Kohl, si è ritagliata un posto di diritto nella “Hall of Fame” dei cancellieri tedeschi e con le prossime elezioni, che quasi certamente la vedranno vincente, eguaglierà in durata il suo padrino politico. È anche vero che gli sfidanti non si sono certo spesi in battaglie estenuanti per sottrarle voti e, se in principio la candidatura di Martin Schulz a cancelliere aveva smosso le acque, adesso sembra che la Spd sia ben al di sotto ai risultati ottenuti alle scorse elezioni del 2013. Saranno quattro anni di Große Koalition o la bravura della kanzlerin ad aver influito su questo processo?

Una cosa è certa, la “mutti” quando parla è sicura di se, decisa e non si lancia in promesse improbabili. Promette ciò che si può fare, cerca di diluire con la dialettica le cose che non si possono fare. Come dire: poche idee ma buone. Un esempio è la posizione sul reddito di cittadinanza, o la rivendicazione delle scelte fatte in maniera di migranti e integrazione: “Anche loro contribuiscono alla nostra prosperità e anche loro fanno parte della Germania e aiutano a plasmare la nostra società”, ha detto nella stessa intervista.

Ma è anche vero che la ragazza proveniente dall’ex Germania dell’Est nell’arco della sua carriera è stata decisamente “trasformista“, nel senso costruttivo del termine e non in quello che comunemente viene utilizzato in Italia. Un certo trasformismo progressista che ha giovato alla Germania e che ha portato il paese ad essere uno dei più avanzati dal punto di vista economico e politico non solo in Europa, ma in tutto il mondo. La cancelliera che era contraria ai matrimoni omosessuali è riuscita a far votare, pur senza i voti del suo partito, una legge che li permettesse. Nell’arco dei suoi mandati ha approvato il reddito minimo e il ritiro dall’energia nucleare in seguito al disastro di Fukushima. Una mediatrice, che è sempre riuscita a fare da tramite tra l’ala più conservatrice del proprio partito e quella più progressista, la sua. Certo, non sarà di sicuro una rivoluzionaria, ma forse la rivoluzione della cancelliera sta proprio in questo modo di essere antirivoluzionaria, di evitare lo scontro aperto per poter poi agire in maniera differente.

È riuscita a dare un volto umano alla Germania sull’immigrazione, pur stipulando un patto con il “sultano” Erdogan, che in cambio di 3 miliardi di euro chiuse la rotta balcanica, lasciando di fatto aperta solo quella mediterranea. Un cerchiobottismo abile, maestrale, che ha permesso di spostare un problema controverso al di fuori dei confini nazionali. L’immagine in patria è rimasta pulita, Csu contenta e ferma sulle proprie convinzioni piuttosto contrarie all’accoglienza, e tutti si ricorderanno la cancelliera per il suo “Wir Schaffen Das” (Possiamo farcela) dell’estate 2015.

Questa mossa le ha permesso di fare pace con le frange più estreme del proprio partito e di garantirsi l’appoggio di coloro che sono più progressisti. Certo, queste ed altre scelte, come l’abolizione della leva obbligatoria, migliori condizioni per le famiglie e per le donne, le hanno attirato accuse di socialdemocratizzazione, ma non è hanno scalfito l’immagine.

Una certa perdita di voti è arrivata a destra: i più radicali sono confluiti in Afd. Per la prima volta un partito di destra entrerà al Bundestag, ma non saranno questi voti che porteranno a una sconfitta di Cdu; Angela Merkel vale molto più del suo partito e questo i suoi alleati lo sanno. Se tornerà, come pare, ad essere per la quarta volta la cancelliera della Germania unita, sarà una garanzia per il popolo tedesco, che non vuole caos ma è alla ricerca di stabilità e sicurezza. Che trova soltanto in una leader che ormai è diventata una “mutti”, mamma. Piuttosto ci sarà da chiedersi che cosa verrà dopo 16 anni di regno Cdu, saprà il partito rinnovarsi e trovare una nuova guida? Al momento alla Konrad Adenauer Haus non ci pensano, anche perché Spd non è mai stata così in basso nei sondaggi.

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