“Ho fatto tutto quello che diceva il capopattuglia Marco Camuffo“, questa è la linea difensiva di Pietro Costa, il più giovane dei due carabinieri accusati degli stupri delle due studentesse americane a Firenze. Lui, dopo giorni di silenzio ha ammesso davanti ai pm di aver avuto un rapporto sessuale. E anche il carabinieri scelto di 32 anni, come l’appuntato suo superiore in grado, nega qualsiasi violenza. Anzi, sminuisce il proprio ruolo avanzando da un lato l’essersi adeguato alle decisioni del suo capopattuglia e dall’altro l’invito delle ragazze a salire nel loro appartamento nel centro storico di Firenze.

Come riporta il Corriere della Sera le parole del militare più giovane sono state chiare, come la sua strategia difensiva: “Non c’è stata alcuna violenza, si è trattato di un momento di debolezza, perché le ragazze insistevano a portarci a casa”. Costa ha raccontato anche di sapere che non era consentito “far salire le ragazze sull’auto e accompagnarle” nella loro abitazione. Ma “decideva Camuffo”, ha affermato. Come ha confermato l’avvocato di Costa, Andrea Gallori, le hanno accompagnate a casa riuscendo anche a farsi dare il loro numero di telefono. Poi, i due rapporti sessuali tra l’ingresso dell’edificio e l’ascensore. Quello che i due carabinieri definiscono consenziente e le ragazze hanno chiamato stupro: “Ci hanno aggredito e violentato”.

“Il mio assistito ha ammesso che ci sia stato un rapporto sessuale con una delle due studentesse americane che lo hanno denunciato – ha ribadito l’avvocato Gallori – ma nega assolutamente che ci sia stata violenza sessuale. In questa fase di indagini in pieno corso non ritengo di dover aggiungere altro, abbiamo piena fiducia nella magistratura, riteniamo all’esito delle stesse indagini di poter offrire ulteriori spunti investigativi”. L’interrogatorio, ha precisato l’avvocato, è durato circa tre ore e si è concluso “con uno sfogo, un pianto liberatorio del mio assistito”.

L’avvocato Gallori ha anche detto che l‘ubriachezza delle due studentesse “è una circostanza da chiarire, ma ritengo che sia semplice, bisogna solo aspettare il risultato degli esami biologici”. Il carabiniere scelto palermitano agli inquirenti ha detto esplicitamente che “non ci eravamo accorti che erano ubriache”. Un racconto che cozza con le analisi effettuate con le ragazze. Proprio ieri, 13 settembre, i risultati hanno evidenziato come, circa quattro ore dopo il rapporto sessuale con i due militari, le donne avevano ancora nell’organismo una “rilevante quantità” di alcol, sopra la norma, considerando come riferimento il livello tollerato per chi si mette alla guida. Resta da capire come sia possibile che i due carabinieri, dediti proprio al servizio su strada, non abbiano notato il loro stato alterato.

Come ha spiegato il procuratore capo Giuseppe Creazzo, i risultati non sono ancora sufficiente a stabilire se le due ragazze fossero ubriache e in che misura non fossero lucide quando hanno incontrato i due carabinieri fuori dalla discoteca Flo a piazzale Michelangelo, per poi essere accompagnate a casa con l’auto di servizio fino davanti al palazzo di Borgo Santi Apostoli dove si sono consumati i rapporti sessuali. Il narcotest, hanno precisato gli inquirenti, ha confermato poi, che una delle due ragazze statunitensi aveva assunto sostanze stupefacenti. Ma anche in questo caso una perizia dovrà stabilire a quando risale l’assunzione della droga, attraverso un esame tossicologico specifico.

Un interrogativo che si somma ad altri. In attesa degli accertamenti, infatti, i magistrati stanno cercando di dare una risposta al perché dalla centrale operativa nessuno abbia notato che la pattuglia si muoveva al di fuori dall’area di competenza. “Le indagini proseguiranno in modo alacre”, ha detto Creazzo. La procura valuta se sentire le due studentesse con un incidente probatorio per acquisire definitivamente come prova le loro testimonianze.

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