Ho sempre raccontato le nostre esperienze di vita quotidiana anche quando il dispiacere per ciò che mi trovavo ad affrontare era notevole.
Oggi è una di quelle volte lì. Da oltre un anno, inizio a scrivere della delusione che la mia parrocchia di quartiere, gestita dai Padri Paolini, ha portato nella nostra vita e nei nostri cuori.
Una parrocchia collocata in un piazzale dedicato ai Caduti della Montagnola, situato in un crocevia di quartieri romani: San Paolo, Garbatella, Montagnola con una popolazione densa e affezionata anche alla vita parrocchiale.

Io sono arrivata qui all’età di sette anni: sono cresciuta tra le vie qui intorno costruendo relazioni, abitudini e amicizie, come capita a tutti. Mia figlia Diletta è nata in questo quartiere.

Qualche anno fa arrivò nella nostra parrocchia di zona un sacerdote paolino eccezionalmente in gamba che in pochissimo tempo conquistò i cuori dei cittadini. Tantissime le occasioni di incontro e di inclusione. Un approccio giovane, fresco, innovativo: la Piazza dei Caduti della Montagnola, segnata da un monumento importante per noi tutti, divenne un luogo di festa, di incontro e di contrasto alle forme di esclusione sociale.

Io stessa ho usufruito di uno sportello psicologico dedicato alle famiglie e ai bambini trovando grandi benefici. La disabilità, anche la più grave, come nel caso di mia figlia, era finalmente totalmente e adeguatamente inclusa. Non c’era bisogno di spiegare, di parlare, di chiedere. Catechismo, feste di carnevale e di famiglia… tantissimi bei ricordi che non riesco ad organizzare neanche scrivendo perché il magone è pesante come un macigno. Mi bastava un giretto in parrocchia per trovare sollievo: oratorio, psicoterapia individuale gratuita, assistenza legale gratuita, incontri con i genitori.

E ora? Purtroppo, come spesso accade in Italia, quando qualcosa funziona troppo bene viene inspiegabilmente disintegrato.
Due anni fa giunge inaspettata la notizia del cambiamento del parroco disposto dai Paolini. La popolazione parrocchiale si solleva basita e stupita di fronte a una simile decisione che va a distruggere dopo tanti anni di torpore una vita sociale di quartiere finalmente sana e vivibile.
Diletta la prende malissimo perché le prime brutture toccano proprio le persone più fragili. I toni della Messa si fanno solenni e formali e non più semplici e vissuti in famiglia. Cerchiamo di fare ogni sforzo per reggere, ma nulla.

Non conosco i motivi precisi e non voglio entrare nei meccanismi dei poteri ecclesiastici. Racconto solo come a volte, chi decide per una comunità, magari anche in buona fede, non si renda conto di quanto le sue decisioni influiscano sulla vita dei più deboli e fragili. E’ questo l’aspetto che più mi dispiace: dinanzi alle parole di Papa Francesco, che stimola continuamente un progresso nel pensiero e nei fatti e nelle parole, poi miseramente in una grande città, in un quartiere più grande di tanti piccoli centri, si decide di muovere sacerdoti come fossero soldatini e si opta per figure inesperte e inadatte.

E per chi investe la vita stessa nel rispetto e nell’inclusione, questi sono colpi durissimi da incassare e digerire.

Ho atteso due anni per raccontare questo nostro pezzo di vita quotidiana ma ora, mese di settembre e di progetti, di tagli e disservizi, incontro genitori e famiglie che sentono terribilmente la mancanza di ciò che era e che non è più. Ma soprattutto è rimasta una cosa bellissima che non vorrei che si perdesse a causa di scelte davvero scellerate.

Ma queste sono solo parole. La realtà è che noi, tornati in città ancora sottosopra per la fatica di quelle che chiamano vacanze, dobbiamo fare i conti con le ore da coprire, con i servizi che non attivano più e con quelli che riducono. Non solo. Dobbiamo unire risorse e dare una mano a chi vive una difficoltà ancora più grave. Il bene rimane e ciò che nella nostra comunità è stato costruito rimarrà. Anche se al di fuori delle mura parrocchiali.

Buon autunno a tutti, anche a chi fa scelte poco sagge.

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