“Il governo italiano ci deve proteggere, siamo in pericolo perché le autorità egiziane ci hanno dichiarato guerra”. Ahmed Abdallah, il presidente dell’Egyptian Commission for Rights and Freedom, l’organizzazione che rappresenta legalmente al Cairo la famiglia di Giulio Regeni, lancia un appello disperato dopo la sparizione di un loro collaboratore Ibrahim Metwally, avvocato per i diritti umani di Kafr el-Sheik, città sul Delta del Nilo.

L’organizzazione era già stata attaccata sei giorni fa. Il loro sito internet era stato bloccato il giorno dopo l’audizione del ministro degli Esteri Angelino Alfano alle commissioni esteri di Camera e Senato. Metwally, è stato prelevato dalle forze di sicurezza egiziane dall’aeroporto del Cairo mentre aspettava di imbarcarsi su un volo per Ginevra. Avrebbe dovuto partecipare a una conferenza delle Nazioni Unite sui diritti umani e al momento non si hanno notizie sul luogo della sua detenzione.

“L’arresto è stato deciso sotto gli occhi del procuratore del Cairo, lo stesso che ha detto di voler collaborare con le autorità di Roma. Lo stesso che lo scorso anno ha permesso che io venissi arrestato per 4 e mesi e mezzo. Quindi cosa si aspetta il governo italiano da loro?”, spiega Abdallah. “Noi non possiamo più lavorare in queste condizioni, se Roma vuole veramente la verità deve permettere ai nostri legali di vedere le carte e di potersi muovere liberamente fuori dal paese”.

Metwally non è solo uno dei legali che segue le vittime di sparizioni forzate nel paese, che al momento sono più di 1000, ma è anche il padre di Amr, studente di ingegneria scomparso nella capitale egiziana nel luglio del 2013. Il ragazzo era stato prelevato dalla polizia assieme ad altre persone nel quartiere di Nasser City durante le proteste contro il colpo di stato dell’allora generale al-Sisi ai danni del presidente islamista Mohammed Morsi.

Nel corso di questi anni l’avvocato ha sporto denuncia non solo alla polizia ma anche al Consiglio Nazionale dei Diritti Umani e al Ministero della Difesa egiziano senza avere nessun risultato se non quello di suscitare l’accanimento delle autorità egiziane contro la sua famiglia. Suo fratello e suo cugino sono infatti scomparsi alcuni mesi fa, uno di loro è stato rilasciato dopo 6 giorni con addosso evidenti segni di tortura. “Ibrahim stava andando a Ginevra a parlare delle sparizioni forzate, il nostro centro è stato uno dei primi in Egitto a occuparsene”, continua Abdallah. “Avrebbe parlato del caso di Giulio. E’ chiaro che il nostro governo vuole metterci il bavaglio”.

Gli avvocati dell’ECRF sono sempre stati tenuti ai margini dagli inquirenti egiziani sin dal ritrovamento del corpo del ricercatore di Fiumicello il 3 febbraio del 2016. Per diverse volte hanno chiesto di esaminare i faldoni delle indagini, ma la Procura del Cairo lo ha sempre impedito

La scarsa collaborazione della magistratura egiziana è evidente anche dai nuovi documenti arrivati a Roma. Nelle carte ci sarebbero dovuti essere gli interrogatori di Sharif Magdi Abdlaal e Osmand Helmy, i due ufficiali che erano in contatto con Mohammed Abdallah, il capo degli ambulanti che ha filmato Giulio durante il loro incontro. La Procura di Roma aspettava anche il verbale di Mahmoud Hendy, l’uomo che nell’aprile del 2016 ha messo i documenti di Giulio nella casa del presunto capo dei gangster accusati di aver rapito il ragazzo.

Ma nelle carte i poliziotti continuano a negare ogni coinvolgimento mentre gli interrogatori confermano la clemenza dei magistrati egiziani nei confronti degli ufficiali. Intanto l’attesa del nuovo ambasciatore Giampaolo Cantini, che arriverà nella capitale egiziana il prossimo 14 settembre, ha già creato un clima di propaganda nazionalista tra gli esponenti delle istituzioni egiziane desiderosi di chiudere il caso il prima possibile.

“Il ritorno dell’ambasciatore italiano Giampaolo Cantini al Cairo il prossimo 14 settembre evidenzia che il caso dell’uccisione del ricercatore italiano Giulio Regeni può considerarsi chiuso”, ha commentato il parlamentare egiziano Hassan Omar alcuni giorni fa. Opinione condivisa dal portavoce del ministero degli Esteri egiziano, Ahmed Abu Zeid, secondo il quale tra Italia e Egitto “ora le relazioni sono ritornate alla normalità”.

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