Sembra che si stia per aprire un nuovo capitolo nell’infinita saga del dieselgate e stavolta a pagarne le spese potrebbe essere PSA: secondo quanto scrive Le Monde il gruppo transalpino – proprietario dei marchi Peugeot, Citroen, DS e di recente Opel – avrebbe manipolato i dati relativi alle emissioni inquinanti di circa 2 milioni di veicoli (venduti tra il primo settembre 2009 e il 1 settembre 2015), servendosi di un software fuorilegge.

Il quotidiano parigino afferma che, in base a quanto scritto su un documento interno PSA pervenuto nelle mani degli investigatori nel corso delle indagini su PSA, i tecnici del gruppo sostenessero il bisogno di nascondere quanto più possibile la presenza di un defeat device: quanto basta per destare sospetti. Il colosso francese dell’auto era infatti già finito sotto investigazione all’inizio dell’anno, quando era stato messo sotto inchiesta da parte del Dipartimento antifrode del ministero dell’Economia per presunte irregolarità nei sistemi anti-inquinamento.

Effettivamente, per ammissione del costruttore stesso, era presente un dispositivo capace di rendere meno restrittivo il controllo sulle emissioni di ossidi di azoto: in determinati frangenti di guida il trattamento degli NOx diventava più lasco per ridurre i consumi del veicolo e l’anidride carbonica prodotta. Per PSA si tratta di una precisa strategia di impostazioni dei motori, basata sui comportamenti della clientela durante l’utilizzo dell’auto in condizioni reali.

Al momento PSA ha rispedito le accuse di frode al mittente, specificando di non essere stato contattato dalla giustizia e ribadendo la sua estraneità a “qualsiasi strategia fraudolenta”, come spiegato in precedenze agli investigatori. Più precisamente le auto PSA “non sono mai state dotate di software o sistemi che consentano di rilevare i test di omologazione in atto e di attivare un dispositivo di trattamento delle emissioni inquinanti che sarebbe inattivo durante l’utilizzo da parte del cliente”.

Per Le Monde invece PSA avrebbe frodato i controlli per anni, col benestare della dirigenza e rischierebbe ora sino a 5 miliardi di multa, pari a circa il 10% della media del fatturato degli esercizi 2013, 2014 e 2015. Dal canto sua PSA “si indigna per la trasmissione di informazioni a terzi senza aver avuto accesso al dossier tramesso dall’autorità francese di repressione delle frodi al Tribunale, il che impedisce al gruppo finora di far valere i suoi argomenti“. Pertanto l’azienda potrebbe presentare una denuncia per violazione del segreto istruttorio. Alla prossima puntata.

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