Incurante del parere contrario dell’ufficio legislativo, il consiglio regionale del Veneto ha approvato la legge che rende obbligatorio issare la bandiera di San Marco su tutti gli edifici pubblici. Compresi quelli statali, dove dovrà avere pari dignità accanto al tricolore italiano e al vessillo dell’Unione Europea. L’invito alla cautela era motivato dal fatto che il governo ha più di qualche spunto per impugnare la legge davanti alla Corte Costituzionale, aggiungendo un ennesimo motivo di scontro con Venezia, dove Luca Zaia si appresta ad affrontare – il 22 ottobre – il referendum per l’autonomia veneta. Ma forse è proprio nel percorso di avvicinamento a quell’appuntamento (analogo a quello che si terrà in Lombardia) che va letta la decisione del consiglio regionale di approvare – senza paura degli stop romani, anzi forse a motivo di quelli – una legge che ha diviso l’assemblea di palazzo Ferro Fini. “Il presidente Luca Zaia l’ha fatta approvare apposta per vederla impugnare dal governo, così potrà dire che lui è il campione dell’autonomia mentre Roma è lo scandalo del centralismo” è il commento velenoso del bellunese Gianclaudio Bressa, del Pd, sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega agli Affari Regionali. “E’ la solita zaiata, una di quelle cose che Zaia fa proprio perché sa di non poterle fare. E’ una provocazione politica in vista del referendum. Non sono io a dire che la norma sarà impugnata, è la norma stessa che è stata concepita per essere impugnata”.

Ad ogni modo, la legge è passata con 31 voti a favore, contrari i 6 del Pd, un astenuto, non votanti i consiglieri del Movimento Cinque Stelle e numerosi assenti. Nessuna defezione nella maggioranza composta da Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d’Italia, che ha raccolto anche l’adesione degli ex tosiani. Un referendum val bene uno strappo istituzionale – devono aver pensato – anzi l’eventuale conflitto può trasformarsi in un’ottimo strumento di propaganda per portare alle urne il maggior numero di veneti. L’utilizzo della bandiera veneta era già previsto da precedenti leggi regionali, ma adesso viene disciplinato in modo molto preciso e prevede sanzioni (da 100 a 1000 euro) per chi non rispetta gli obblighi. E vengono introdotti due nuovi simboli. Il primo è una fascia veneta che sarà indossata (come il tricolore dei sindaci) dal presidente della giunta regionale e dal presidente del consiglio regionale. Il secondo è uno stemma che va apposto “su tutte le opere, beni o servizi pubblici realizzati o acquistati con il contributo, anche parziale, della Regione del Veneto”. Un terreno praticamente sconfinato.

Ma il piatto forte è la bandiera di San Marco, che va esposta non solo sugli edifici pubblici, ma anche all’esterno di una dozzina di tipologie di enti controllati dalla Regione o che hanno ottenuto benefici e finanziamenti, o che esercitano funzioni delegate. Ci sono anche le scuole. E siccome la bandiera va esposta (dalle 8 al tramonto) anche “il primo e l’ultimo giorno dell’anno scolastico ed accademico, nonché durante le ore di lezione”, i bidelli sono avvertiti. Se non c’è un’illuminazione notturna adeguata, così da lasciare la bandiera sempre sul pennone, dovranno fare l’alzabandiera e l’ammaina bandiera in coincidenza con il suono della campanella. La discussione in consiglio regionale è stata all’insegna della promozione dello “spirito identitario veneto” da parte della maggioranza, e della preoccupazione per l’ennesimo scontro istituzionale da parte delle opposizioni, contrarie alle sanzioni e dubbiose sul fatto che l’obbligo della bandiera possa diventare effettivo. Due commenti del giorno dopo danno il senso della diatriba. Pietro Dalla Libera (Veneto Civico) ha proclamato: “Guardare la bandiera della Regione Veneto ci riempie il cuore e ci fa sentire a casa”. Cristina Guarda di Amp, ha replicato: “I cittadini hanno bisogno di ben altro rispetto a queste pagliacciate, che sono leggi dal becero sapore di patriottismo xenofobo”.

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