Torna a salire la tensione tra Washington e Mosca. Gli Stati Uniti hanno chiesto la chiusura del consolato russo di San Francisco entro il 2 settembre. Lo ha reso noto il Dipartimento di Stato. Le autorità americane hanno imposto, inoltre, un ridimensionamento delle strutture di rappresentanza del Cremlino nella capitale e a New York. La misura è una risposta alla decisione presa da Vladimir Putin di ridurre il numero di diplomatici americani in Russia.

Il 30 luglio Mosca aveva ordinato che gli Usa riducessero la loro missione diplomatica e di staff tecnico di oltre la metà entro il 1 settembre, espellendone 755 e passando a 455 persone, dopo che il Congresso aveva approvato nuove sanzioni nei confronti della Russia. “E’ venuto il momento di mostrare agli Usa che non lasceremo le loro azioni senza risposta – aveva dettoq uel giorno il presidente russo – Washington ha assunto posizioni che peggiorano le nostre relazioni bilaterali. Possiamo mettere in campo anche altre misure per rispondere agli Usa”.

Ora è arrivata la replica degli Usa: “In nome della parità invocata dai russi, chiediamo al governo russo di chiudere il suo consolato generale a San Francisco, un edificio diplomatico aggiuntivo a Washington DC e un edificio consolare a New York City”, ha dichiarato oggi la portavoce del Dipartimento di Stato, Heather Nauert. La decisione porta a tre il numero delle sedi consolari che ciascun paese ha sul territorio dell’altro.

Il segretario di Stato americano, Rex Tillerson, ha informato della mossa l’omologo russo, Sergey Lavrov, in una telefonata. Il Cremlino annuncia rappresaglie: “A Mosca studieranno attentamente le nuove misure annunciate dagli americani, dopodiché verrà comunicata la nostra reazione”, ha detto Lavrov a Tillerson, secondo quanto riferisce il ministero degli Esteri di Mosca sottolineando che Lavrov “ha espresso rammarico per l’escalation della tensione” tra i due Paesi.

Sullo sfondo gli attriti legati alle sanzioni che il Congresso statunitense ha varato contro Mosca, accusata di aver interferito nelle ultime elezioni presidenziali americane. Quell’accusa che portò già Barack Obama alla fine del 2016, poco prima di dire addio allo Studio Ovale, a cacciare via 35 diplomatici russi. Da lì è stato un crescendo di sgarbi e dispetti reciproci.

Nonostante i sospetti che hanno dato vita al Russiagate – con un procuratore speciale e il Congresso che indagano sui presunti legami tra il tycoon e Mosca – quello tra gli Stati Uniti e la Russia continua dunque ad assomigliare a un clima da Guerra Fredda. Anche se sia Trump sia Putin hanno più volte auspicato un miglioramento delle relazioni tra Casa Bianca e Cremlino. Un miglioramento dopo il gelo dell’era Obama, in cui i rapporti tra i due Paesi (e anche tra i due leader) hanno toccato il livello più basso da decenni.

Tillerson e Lavrov si incontreranno il prossimo mese a New York, durante l’Assemblea generale delle Nazioni unite. Secondo il New York Times, “la risposta del dipartimento di Stato sembra calcolata per evitare di approfondire la frattura con la Russia”, perché “non viene espulso personale diplomatico dagli Usa, né toccato lo staff dell’ambasciata principale di Washington”.

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